Economia

«Così abbiamo inventato l’asfalto intelligente»

«Così abbiamo inventato l’asfalto intelligente»

Da sessant'anni i Pivato sono costruttori. Di stabilimenti, edifici, centri commerciali, strade, ponti, viadotti, ferrovie, piste aeroportuali, si sono specializzati anche nel restauro degli immobili. Anzi, sono tra i primi dieci costruttori italiani che possono esibire gli attestati Soa, «Società organismo di attestazione». E quindi possono eseguire, grazie proprio ai Soa che sono sinonimi di eccellenza, lavori pubblici per importi illimitati operando con le caratteristiche del general contractor. Hanno costruito lo stabilimento dei Benetton di Castrette di Villorba, nei pressi di Treviso, e lo stabilimento della Luxottica di Agordo, Belluno. Hanno realizzato la linea ferroviaria Treviso-Portogruaro, il ponte sul fiume Po a Cremona, l'adeguamento alle norme sulla sicurezza per l'accesso allo stadio di San Siro a Milano, lo shopping center Freccia Rossa di Brescia. Hanno restaurato Palazzo Zorzi Liassidi a Venezia, la Mole Vanvitelliana ad Ancona, il Castello di Casale Monferrato. Sono impegnati nel progetto viario del cosiddetto Quadrilatero Umbria-Marche da realizzare entro il 2011, nel quinto macrolotto della Salerno-Reggio Calabria e da una quindicina d'anni stanno costruendo in Pakistan strade dall'«asfalto intelligente»".
Il futuro è Pavital. Più che dell'asfalto si tratta in realtà del sottofondo stradale, quello cioè che va al di sotto dello strato superficiale di asfalto. Perché questo sottofondo viene realizzato con una tecnologia innovativa dei Pivato di nome Pavital. Si tratta di una miscela catalizzata composta da uno o più tipi di aggregati, dalle ghiaie alle sabbie o alle ceneri, da loppa granulare di altoforno e da un catalizzatore a base di calce. E allora? Allora, spiega Guerrino Pivato, presidente dell'azienda che ha sede a Oné di Fonte, provincia di Treviso, «il Pavital è una tecnologia scoperta da uno zio, lo zio Armando, che riutilizza tutti quei materiali considerati fino a non molto tempo fa poco impiegabili nel settore delle costruzioni perché di scarto come sono le scorie di altoforno che si presentano sotto forma di polvere o come materiali risultanti dalla lavorazione del vetro e del marmo o addirittura tossici. Oggi invece questi materiali, che non sono più tossici in quanto resi innocui durante la lavorazione, rappresentano una valida alternativa agli inerti da costruzione tradizionali».
D'accordo, ma perché l'asfalto che sta sopra questo materiale diventa «intelligente» o quasi? Spiega Guerrino Pivato detto Guerri, capelli lunghi, tipo sanguigno, un passato da disc jockey per mantenersi agli studi e proprietario di una invidiabile collezione di tremila dischi in vinile di musica pop e rock: «Il Pavital ha una performance migliore rispetto al sottofondo tradizionale con una resistenza nel tempo, tale da evitare la formazione degli avvallamenti nell'asfalto». Una performance «testata di volta in volta». Ma questa miscela ha anche altri vantaggi di tipo ambientale ed economico. E Pivato li enumera: consente l'utilizzo di materiali «poveri» di gran lunga più economici del ciottolato comunemente utilizzato e soprattutto più facili da trovare: le cave, dice, «sono oggi quasi delle miniere d'oro». Riduce poi lo spessore della metà: quello del Pavital è in media di 30-35 centimetri rispetto ai 50-70 del sottofondo tradizionale; riduce del 30% la velocità di esecuzione in quanto la miscela viene stesa, si compatta ed ha subito una stabilità maggiore; riduce i costi del 30%. La tecnologia Pavital è quindi utilizzabile nella costruzione di strade e autostrade, piste di decollo e piazzali di sosta degli aeroporti, scali merci, porti e nel consolidamento di rilevati ferroviari.
Pakistan e Marocco. Esempi in cui è stata usata? Il Ponte della Libertà a Venezia, la terza corsia dell'autostrada Venezia-Padova, il piazzale di sosta dell’aeroporto di Bologna, il terminal container al molo 7 del porto di Trieste. E all’estero, strade dal Pakistan al Marocco. Per il momento almeno, in quanto, chiarisce Pivato, «vogliamo che entro cinque anni le attività all'estero arrivino al 20% del fatturato».
Classe 1966 e originario di Oné di Fonte, nei pressi di Asolo, diploma di geometra agli Istituti Filippin di Paderno del Grappa, dieci esami di architettura a Venezia prima di lasciare e due fratture allo stesso ginocchio ruzzolando con gli sci, Guerrino Pivato è un imprenditore della terza generazione.
L’altro Guerrino. All’inizio della storia, più o meno nel 1946, c'è un altro Guerrino, il nonno. Quindi Adriano, il figlio maggiore di nonno Guerrino e padre di Guerrino jr. Anzi, Adriano, che è il primo di dieci fratelli, non è il solo a lavorare nell'impresa di famiglia. Con lui ci sono anche i quattro fratelli maschi: Valdemiro, Armando, Dante, Giancarlo, chi si occupa dei conti, chi apre in Brasile una filiale, chi segue le opere speciali. I Pivato della seconda generazione si muovono in maniera atipica rispetto ai veneti: sanno fare squadra. Con i fratelli, riconosce Adriano il quale da qualche anno ricopre il ruolo di presidente onorario ma è ugualmente quasi ogni giorno in azienda salvo quando va a giocare a golf, «non ci sono mai stati grossi screzi». E facendo squadra diversificano nell'immobiliare con partecipazioni in alcune società guidate da Benetton, Del Vecchio, Vaccari ed entrano nella finanza creando la Compagnia finanziaria d'investimento.
Nel 2003, dopo oltre quarant'anni alla guida della Pivato, Adriano cede il bastone del comando al figlio Guerrino il quale è di fatto cresciuto nell'impresa di famiglia: dall'età di 15 anni passa le estati in cantiere facendo il portatore d'acqua; in seguito diventa responsabile di cantiere e, quando è il momento, prende in mano le redini dell'azienda sempre sotto l'occhio vigile di papà. In realtà Guerrino non è solo a guidare la Pivato. Lui fa il presidente e segue il commerciale mentre l'incarico di amministratore delegato è affidato a Luciano Brenda, un manager umbro con esperienze alla Buitoni, Maccaferri, Blasetti. Significa allora che la Pivato è riuscita a separare la proprietà dalla gestione? Non proprio: Brenda è infatti il marito di Paola, la sorella maggiore di Guerrino.
Azienda familiare. La Pivato, con 250 dipendenti e un fatturato di 77 milioni di euro di cui l'export è del 5%, continua ad essere una società familiare. Anzi, tra cugini e fratelli sono quasi una tribù i Pivato in azienda: Guerrino naturalmente, quindi Nicola che è consigliere delegato e responsabile del controllo di gestione, Francesco dell'ufficio tecnico, Filippo è in cantiere, Francesca si occupa invece del restauro. Ma la tribù dei Pivato è allargata anche ai mariti delle sorelle. E in questo caso non c'è solo Luciano Brenda. Guerrino infatti è il terzo di cinque fratelli: Paola, la maggiore, fa l'avvocato civilista a Bologna; Alessandra è responsabile della Regina Regis, una società commerciale di stivali da pioggia e pantofole di feltro, fondata nel 1999 dal marito Alberto Regis il quale a sua volta è nel consiglio d'amministrazione della Pivato seguendo in particolare le attività nel Pakistan; quindi Guerrino, un matrimonio alle spalle e una figlia di nome Sara di 4 anni; Alberto, classe 1969, laurea in architettura, si occupa del settore immobiliare concentrato in una società chiamata Pagi; infine Federica, anche lei avvocato civilista ma a Treviso, sposata ad un geometra sardo, Gianfranco Madau, il quale lavora nella Pagi con Alberto. Insomma, nel gruppo Pivato sono impegnati ben otto componenti della famiglia allargata. Una tribù d'altri tempi.


(144. Continua)

Commenti