Dopo le recenti polemiche tra il cardinal Poletto e il sindaco Chiamparino sul matrimonio tra lesbiche, il Comune di Torino prosegue nella sua politica pro-gay patrocinando un manuale che dovrebbe aiutare gli insegnanti ad affrontare le situazioni imbarazzanti causate dagli studenti che provengono da famiglie omogenitoriali. Il manuale suggerisce risposte ad hoc davanti a domande come «Chi è la mamma?» (risposta suggerita: «Lo sono tutte e due»), oppure «Qual è la mamma vera?» (risposta un po' pilatesca: «Chiedetelo a loro, sono due mamme che vivono insieme»).
C'era davvero bisogno di questo manuale? Il Comune di Torino oltre a dare il patrocinio all'iniziativa, deciderà davvero di spendere i soldi dei contribuenti accollandosi le spese della stampa? Ma, soprattutto, i cittadini di Torino sono d'accordo sugli obiettivi che stanno dietro Il libro di Tommi - questo il titolo del manualetto illustrato?
Occorre spiegare che il libretto non nasce casualmente. Autrici del testo sono Maria Tina Scarano e Giuliana Beppato, le quali, oltre ad essere un'assistente sociale e una psicoterapeuta, sono due attiviste dell'associazione Famiglie Arcobaleno, spesso in prima linea nel portarne avanti le finalità.
Famiglie Arcobaleno si definisce «Associazione Famiglie Omosessuali». Nel suo sito web spiega i propri obiettivi: lottare per far accettare «due condizioni che il senso comune ritiene radicalmente inconciliabili: essere genitori ed essere omosessuali». E ancora, lottare affinché la domanda: «È giusto che gli omosessuali possano avere dei figli?» non abbia più ragione di essere posta.
Questa la conosciamo bene - è la strategia degli attivisti della morale fai-da-te: rendere normale ciò che fino a ieri era eccezionale, senza mai passare per la riflessione sulla verità della persona, sulla nozione di «natura umana». Senza rendersi conto che consigliare alle maestre un trattamento speciale per i bambini «omogenitoriali» è la prova che vivono una situazione anomala. In pratica così si introduce una discriminazione.
La sinistra ex-comunista, la cui morale consiste unicamente nel bene del partito (come ha dimostrato Sandro Bellassai in un libro di qualche anno fa, La morale comunista: pubblico e privato nella rappresentazione del Pci, Carocci, 2000) è la più adeguata ad accogliere questa strategia. Se il Pci di Togliatti scacciava Pasolini per omosessualità, il Pci di Berlinguer e di Chiamparino dava spazio all'Arcigay con lo stesso l'obiettivo: lisciare il pelo all'elettorato, a quello omofobico degli anni Quaranta e a quello «tollerante» degli anni Ottanta.
Ora, dato che l'Italia è un paese democratico, un'associazione come Famiglie Arcobaleno, può liberamente perseguire i propri fini, sempre che lo faccia in modo legale. Un Comune ha però l'obbligo di spiegare chiaramente ai propri cittadini cosa intende fare senza nascondersi dietro situazioni più o meno inventate come quelle portate da Marta Levi, assessore alle Pari opportunità del Comune di Torino. «L'obiettivo è quello di essere un supporto agli educatori - ha dichiarato la Levi all'agenzia Dire - nel senso di farli trovare preparati di fronte a queste situazioni. Perché è un classico quello di chiedere a un bambino di disegnare la propria famiglia, magari ti trovi quelli che disegnano due padri o due madri. E non bisogna farsi trovare impreparati davanti ad un'eventualità del genere. È difficile nascondere qualcosa ai bambini: se fanno il disegno, le domande poi vengono fuori. Se si fa finta di niente, non si fa un buon lavoro, nei confronti del bambino coinvolto, ma anche nei confronti degli altri. È importante non farlo sentire come una mosca bianca».
Per la verità, a una delle ultime riunioni di Famiglie Arcobaleno alcuni membri dell'associazione raccontavano di un'Italia piuttosto tollerante nei loro confronti: una coppia di Roma riferiva di aver fatto battezzare i figli senza problemi (e ci mancherebbe altro!), un'altra di mandare il bimbo in un asilo di suore: «Il piccolo è stato accolto così bene che le maestre per rispettarlo non hanno festeggiato la festa della mamma e del papà».
Alla stessa riunione il figlio di una coppia omogenitoriale raccontava un caso che il manualetto del Comune di Torino dovrebbe risolvere: «È dalla prima elementare che i compagni di classe mi chiedono perché ho due mamme, se prima avevo anche un papà che poi si è diviso. Io gli dico che ho due mamme da quando sono nato. Glielo spiego, loro capiscono, ma poi me lo richiedono, ancora e ancora».
Forse è così: le due condizioni che il senso comune ritiene radicalmente inconciliabili - essere genitori ed essere omosessuali - sono tali non solo per una questione statistica, ma per una questione di «natura». E i ragazzini, manuale o no, continueranno a fare domande scomode, piaccia o no allassessore. Perché, come diceva il grande filosofo morale Spaeman, la prima reazione delluomo è spesso una reazione morale.