Cronaca giudiziaria

Casa di Montecarlo, Fini condannato non ci sta: "Responsabile di cosa?"

"Me ne vado più sereno", assicura l'ex presidente della Camera dopo la sentenza di primo grado che lo certifica di avere commesso il reato di riciclaggio. Lui fa ricorso in appello, ma le sue bugie sull'intera vicenda restano

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La reazione alla sentenza di condanna è stata immediata. Del resto Gianfranco Fini ha deciso di recarsi fisicamente, insieme ai suoi avvocati, a piazzale Clodio per assistere alla lettura del dispositivo della sentenza con la quale i giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Roma hanno inflitto all'ex presidente della Camera dei Deputati due anni e otto mesi di reclusione per riciclaggio per la vicenda riguardante la casa di Montecarlo. Il caso giornalistico nacque grazie a uno scoop del nostro Giornale datato agosto 2010, quando Fini si accingeva a preparare la sostituzione di Silvio Berlusconi come leader del centrodestra. Il progetto politico - come è noto - andò in frantumi. Ma quattordici anni fa, oltre al declino istituzionale, stette per cominciare quell'indagine giudiziaria che questa mattina ha portato al verdetto di primo grado.

La difesa annuncia il ricorso in appello, convinta che verrà ribaltata in secondo grado, e lui assicura: "Me ne vado più sereno di quello che si può pensare dopo sette anni di processo". Aggiungendo: "Non sono deluso: non sono stato ritenuto responsabile di riciclaggio, evidentemente l'unica cosa che ha impedito di assolvermi è l'autorizzazione alla vendita dell'appartamento che è del tutto evidente non è stata da me autorizzata". Ma non solo: Fini, oltre a lamentare la lentezza della giustizia (che però riguarda almeno altre migliaia di persone, tra imputati e vittime) respinge nuovamente tutte le accuse e si chiede quasi retoricamente: "Dopo tanto parlare, dopo tante polemiche, tante accuse, tanta denigrazione da un punto di vista politico sono responsabile di cosa? Di avere autorizzato la vendita. Non mi è ben chiaro in cosa consista il reato". Per poi aggiungere: "Non ho autorizzato la vendita dell'immobile di Montecarlo a una società riconducibile a Giancarlo Tulliani. Quando ho dato l'ok non sapevo chi fosse l'acquirente". Anche se proprio su quest'ultimo passaggio ha voluto infine precisare: "Ho detto che non ci volevano certo sette anni per sapere che avevo autorizzato la vendita dell'appartamento di Montecarlo. Per avere conferma di questo, basta ascoltare ciò che ho detto oggi di fronte alle telecamere dopo la sentenza".

Vedremo nei prossimi mesi che cosa diranno le motivazioni ufficiali della sentenza. Rimane il fatto che, di "nuove" versioni, giustificazioni e spiegazioni sui rapporti con Francesco Corallo e sulla compravendita offshore della casa di Montecarlo da An al cognato, Giancarlo Tulliani, Fini ne ha date fin troppe in questi ultimi sette anni di processo. I magistrati romani fecero i loro riscontri e non risultarono positivi per l'ex terza carica dello Stato, che aveva attaccato il suo grande accusatore, l'ex amico e collega di partito Amedeo Laboccetta, sostenendo che avesse dichiarato il falso. Di sicuro chi raccontò bugie fu lo stesso storico leader di Alleanza Nazionale, quando all'inizio dello scorso decennio si ostinava a dire di non sapere nulla e accusava il Giornale di volerlo solo infangare. Oppure come quando giurava di non essere mai stato a Montecarlo per seguire i lavori di ristrutturazione per la casa. Peccato che nel 2017 venne smentito dal suo avvocato, Michele Sarno, che ammise in tv da Giletti che quel viaggio ci fu. Ci fu poi un "superteste", il costruttore Luciano Garzelli che, insieme al figlio, confermò che a seguire gli aspetti economici fosse proprio la Tulliani.

Ora, premesso che Gianfranco Fini potrà essere assolto dalla Corte d'Appello e della Cassazione, quello che è certo è che al momento il Tribunale ha accertato che lui abbia commesso un reato.

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