Cronaca giudiziaria

Il figlio non impara il Corano, lui lo prende a frustate: la violenza dello straniero

A Rimini, un quarantaseienne straniero è comparso in tribunale con l'accusa di maltrattamenti aggravati. Avrebbe insultato e picchiato più volte il figlio, anche frustandolo, quando il minore non voleva o non riusciva a leggere il Corano

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Il figlio minorenne, affetto a quanto pare da una patologia congenita, avrebbe avuto difficoltà nell'imparare a memoria i versetti del Corano. Ma lui, per tutta risposta, lo avrebbe preso a male parole, offendendolo verbalmente e prendendolo persino a frustate. Protagonista della vicenda che arriva da Rimini è un uomo di 46 anni originario del Senegal, il quale è comparso nelle scorse ore in tribunale è dovrà a quanto sembra rispondere dell'accusa di maltrattamenti aggravati. Stando a quanto riportato dalla stampa romagnola, tutto sarebbe iniziato nel 2012, con i presunti maltrattamenti che si sarebbero protratti sino al 2020. Secondo l'accusa (che ha poi chiesto per il cittadino straniero una condanna a cinque anni di carcere) il figlio (il quale adesso ha 15 anni) non capiva l'arabo e faticava così ad apprendere e a memorizzare i versi del Corano. E per questo motivo, il padre non avrebbe esitato ad insultarlo, quando non riusciva o non voleva leggere il testo sacro.

Di più: in alcuni casi lo avrebbe persino frustato. L'indagine, che la procura ha affidato ai carabinieri, sarebbe scattata non a seguito della denuncia da parte della madre del ragazzino, ma in seguito alle segnalazioni inoltrate da alcuni medici dell’ospedale che lo avevano avuto in cura. Durante una visita di routine in ospedale infatti, il giovanissimo aveva dato alcuni segnali di profondo malessere che non erano sfuggiti al personale medico della struttura ospedaliera. Ed una volta interrogato sull'origine del suo atteggiamento, la presunta vittima avrebbe raccontato alle psicologhe del nosocomio tutto quel che avrebbe subìto a casa: a suo dire il padre lo picchiava e lo insultava, talvolta frustandolo anche con l'utilizzo del cavo del caricabatterie del cellulare.

Secondo le varie testimonianze raccolte, come detto, il quarantaseienne straniero offendeva e picchiava il figlio e lo faceva soprattutto quando il bambino faceva fatica a leggere il Corano. Un qualcosa di inammissibile, per un fervente religioso come lui. In aula era presente anche la vittima, che nel corso della sua deposizione ha sostanzialmente confermato il quadro accusatorio scaturito a seguito degli accertamenti svolti dai militari dell'Arma. L'imputato, da parte sua, si è difeso davanti al giudice spiegando di aver utilizzato i metodi educativi in uso nel proprio Paese d’origine, senza alcuna intenzione di maltrattare il bambino. Su queste basi, il legale dell'uomo avrebbe quindi chiesto di alleggerire l’accusa derubricandola ad abuso dei metodi di correzione.

La prossima udienza è stata quindi fissata per il prossimo maggio: nei prossimi mesi potrebbero esserci ulteriori sviluppi.

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