Cronaca giudiziaria

Morto suicida in carcere Rosario Curcio, uno dei killer di Lea Garofalo

Lea Garofalo fu uccisa dal marito, Carlo Cosco, il 24 novembre del 2009. I resti furono sciolti nell'acido e poi gettati in alcuni tombini. Rosario Curcio fu condannato all'ergastolo per aver partecipato alla distruzione del cadavere

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Rosario Curcio, uno dei killer della testimone di giustizia Lea Garofalo, è morto suicida nel carcere di Opera (Milano). Come anticipato dal Corriere.it, il 46enne si è impiccato nella tarda serata di mercoledì 28 giugno. Soccorso dagli agenti, è stato poi trasportato al Policlinico di Milano: è morto dopo ore di agonia. Sulla vicenda sono in corso accertamenti da parte della procura.

Chi è Rosario Curcio

Originario di Petilia Policastro, nel 2010 Rosario Curcio fu arrestato per l'omicidio di Lea Garofalo. Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, coordinati dall'allora pm della Dda di Milano Marcello Tatangelo, accertarono che la notte del delitto, il 24 novembre 2009, Curcio si trovava insieme a Carlo Cosco, il marito della vittima - e a Carmine Venturino (l'ex fidanzato della figlia di Lea Garofalo, Denise) nel magazzino dove fu nascosto e poi dato alle fiamme il corpo senza vita della donna. Nel dicembre del 2014 fu condannato in via definitiva all'ergastolo per aver partecipato all'occultamento e distruzione di cadavere.

L'omicidio di Lea Garofalo

Lea Garofalo fu uccisa dal marito, Carlo Cosco, il 24 novembre del 2009 a Milano. L'uomo, all'epoca vicino agli ambienti della 'ndragheta, si vendicò della moglie per via di alcune denunce che la donna aveva sporto contro di lui. Lea aveva deciso di prendere le distanze dal coniuge, intenzionato ad intraprendere la carriera da boss. Sicché aveva rivelato agli inquirenti i traffici illeciti del marito diventando, di fatto, un collaboratore di giustizia. Circostanza che Cosco mal digerì. Così, quando Lea tentò di riallacciare i rapporti per via della figlia Denise - i due si erano separati - il marito ordì il piano criminale. La sera del 24 novembre, con la complicità del fratello Vito, il killer attirò la donna in un appartamento alla periferia di Milano e la strangolò.

Il cadavere fu poi portato in un garage a San Fruttuoso (Monza) e dato alla fiamme per tre giorni con l'aiuto di quattro complici. I resti furono occultati in alcuni tombini e ritrovati anni dopo il truce delitto. Il 28 maggio 2013, la Corte d'Assise d'appello di Milano condannò all'ergastolo i due fratelli Carlo e Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. Mentre furono inferti 25 anni di pena a Carmine Venturino.

Le condanne sono diventate definitive il 18 dicembre 2014.

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