Cronaca giudiziaria

Nessun risarcimento per la morte di Ciccio e Tore, cosa ha deciso la corte d'appello di Bari

La mamma dei bimbi morti a Gravina vede respinta l'istanza anche in secondo grado: per i giudici si è trattato di un caso fortuito

Nessun risarcimento per la morte di Ciccio e Tore, cosa ha deciso la corte d'appello di Bari

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Nessun risarcimento per la morte di Ciccio e Tore, cosa ha deciso la corte d'appello di Bari

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La corte d'Appello di Bari ha confermato quanto già determinato dai giudici in primo grado di giudizio, negando alla madre e alla sorella di Ciccio e Tore Pappalardi la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni.

I due fratellini Francesco e Salvatore scomparvero improvvisamente da Gravina (Bari) il 5 giugno 2006, e di loro non si seppe più nulla finoa al 25 febbraio del 2008, quando le salme furono rinvenute in un edificio diroccato noto con il nome di "La casa delle cento stanze". L'istanza di risarcimento era stata inoltrata dai familiari dei bimbi nei riguardi del comune di Gravina e della Edilarco, ovvero la società che risultava ancora proprietaria dello stabile in cui furono rinvenuti Ciccio e Tore. L'unico a non costituirsi parte civile fu il padre dei fratellini Filippo Pappalardi, il quale peraltro fu inizialmente accusato di duplice omicidio e occultamento di cadavere, venendo arrestato: l'uomo fu poi scarcerato e scagionato da ogni accusa.

In sostanza, quindi, la corte d'Appello di Bari non ha fatto altro che confermare quanto stabilito nel primo grado di giudizio nel settembre del 2021: nella sentenza i giudici respinsero la richiesta di risarcimento parlando di una morte avvenuta per un caso fortuito. L'edificio in cui sono morti i fratellini, spiegano i giudici della corte d'Appello,"non era aperto al libero accesso", ed era circondato da un muro di cinta alto quasi due metri "non facilmente accessibile" nonché "idoneo a impedire l'accesso a terzi". "La circostanza che molti ragazzi - divenuti adulti nel corso del processo - hanno confermato di essersi abusivamente introdotti nell’immobile (per recuperare il pallone o anche per gioco), come correttamente ritenuto dal Tribunale, non consente di inferirne la conoscibilità e prevedibilità dell’evento da parte del custode", precisa ancora la sentenza. Oltretutto, "neppure i genitori dei ragazzi erano a conoscenza della frequentazione abituali del fabbricato da parte di questi ultimi".

"L'abusiva intromissione nell’altrui proprietà, chiusa al libero accesso, non consente di invocare la prevedibilità dell’evento", precisano i giudici. La responsabilità di terzi decade nel momento in cui si analizza la situazione, dato che Ciccio e Tore"hanno fatto ingresso in un immobile recintato e visibilmente abbandonato e fatiscente, dando luogo alla fattispecie dell’uso anomalo della cosa in custodia".

"Risulta infatti provata la presenza di un fattore estraneo che presenti i caratteri del fortuito idoneo a interrompere il nesso causale, quale la condotta dei danneggiati", scrivono ancora i giudici, ricalcando in sostanza uno dei principi attorno ai quali è ruotata anche la sentenza di primo grado.

Condotta che, "tesa a violare la proprietà privata di un bene in stato di abbandono, risulta di per sé causalmente efficiente alla determinazione del danno, in quanto non prevedibile né evitabile da parte del custode".

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