Cronaca giudiziaria

Orari, telefonate, autorizzazioni: così è nata la strage di Brandizzo

Cinque telefonate in 26 minuti, due treni in ritardo, una consuetudine che si è trasformata in tragedia: tutti i passaggi della strage di Brandizzo

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La procura sta mettendo ordine in tutti i pezzi del puzzle che compongono la dinamica dell'incidente del 30 agosto alla stazione di Brandizzo. Un grande aiuto in tal senso è arrivato agli inquirenti da una delle vittime, la più giovane. Nella memoria virtuale del profilo social di Kevin Laganà, infatti, è stato trovato un video registrato alcuni minuti prima dell'incidente in cui inconsapevolmente il giovane ha messo in luce tutti i problemi di un sistema che, in quel tragico giorno, hanno portato alla morte sua e dei colleghi.

Gli orari

Non ci sono ancora certezze sull'orario in cui è stato girato il video da parte di Laganà. Ma alcuni punti fermi ci sono: alle 23.45 alla stazione di Brandizzo passa il primo treno, viaggia veloce ma va nella direzione opposta e su un binario diverso rispetto a quello sul quale gli operai devono lavorare. Alle 23.49 arriva il secondo treno, è quello che travolge i operai. Il video di Laganà risale al prima del passaggio del primo treno, lo si evince dalle parole di Antonio Massa, l'addetto scorta della quadra della ditta esterna: "I treni passano di qua, alle 23.50 c’è l’ultimo. Io guardo il segnale, appena vi dico 'Oh', voi uscite da quella parte". Alle 23.26 iniziano le telefonate tra Massa e il centro di movimento di Chivasso, che deve dare il nulla osta ufficiale per l'apertura del cantiere. Una seconda telefonata viene effettuata da Massa dopo le 23.30, quando gli operai sono già sulla massicciata. La terza telefonata è l'ultima, viene effettuata alle 23.47 e quando sopraggiunge il treno è ancora in corso, tanto che nella registrazione acquisita dagli inquirenti si sentono le urla, sia di Massa che degli operai.

La mancanza del nulla osta

Nelle tre telefonate effettuate a Chivasso, Antonio Massa chiedeva ripetutamente di avere l'ok per l'avvio dei lavori. Via libera ufficiale che l'addetto in quel momento in servizio non ha mai dato. "State fermi. Deve ancora passare un treno, che è in ritardo. Aggiorniamoci dopo", dice l'addetta di Chivasso a Massa. La seconda telefonata è dello stesso tenore: "Bisogna aspettare dopo la mezzanotte. Ci sono due fasce orarie possibili in cui lavorare dopo quell’ora, o prima o dopo l’una e mezza, ora in cui passerà un altro treno. Scegliete voi quale preferite". A quest'ora, poco dopo le 23.30, gli operai sono già a lavoro sui binari anche se manca l'autorizzazione: lo si evince dagli orari delle immagini delle telecamere di sorveglianza e dal rumore di sottofondo della telefonata. La linea non era stata interrotta, i treni avevano semaforo verde e, infatti, il convoglio che ha investito gli operai viaggiava regolarmente a una velocità compresa tra i 100 e i 160 km/h.

Il via libera orale: modus operandi comune

Non c'era un nulla osta formale da parte di Chivasso ma i lavori erano comunque già cominciati. Dal video girato da Kevin Laganà ci si rende conto che quella procedura non era nuova agli operai. Andrea Girardin Gibin, il capo squadra della ditta esterna che ha dato materialmente il via all'apertura del cantiere ha ammesso di aver ricevuto solo oralmente l'ok da parte di Massa, che non aveva ricevuto alcun via libera da Chivasso. Che questa fosse una consuetudine lo hanno confermato sia gli ex colleghi delle vittime che il fratello di Laganà, anche lui impiegato in quella stessa ditta.

"Guardando il video, ed è il motivo per cui lo abbiamo prodotto in procura, ci è sembrato di poter desumere una certa abitudinarietà in questo tipo di condotte", ha dichiarato Enrico Calabrese, difensore della famiglia Laganà. Un ex operai di quella ditta che vuole rimanere anonimo ha dichiarato a La Stampa: "È già capitato molte volte di iniziare i lavori in anticipo. In molte occasioni in cui ho lavorato lì, quando sapevamo che un treno era in ritardo ci portavamo avanti con il lavoro". E ha aggiunto, confermando l'abitudine di simili procedure: "Eravamo in sei-sette per ogni gruppo ma in quei casi c’era chi guardava le spalle.

L’altra notte non è andata così, erano tutti sulla massicciata".

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