Cronaca giudiziaria

Sparò allo straniero che gli distruggeva casa, la perizia gli dà ragione

Si rafforza l'ipotesi secondo cui Sandro Mugnai, il 53enne che sparò al vicino intento a distruggergli casa a bordo di una ruspa, avrebbe agito per legittima difesa. La perizia depositata in procura ad Arezzo ha confermato che i colpi di benna rischiavano di far crollare l'abitazione, mettendo a rischio la vita di sette persone

L'abitazione di Sandro Mugnai dopo esser stata colpita dalla benna della ruspa
L'abitazione di Sandro Mugnai dopo esser stata colpita dalla benna della ruspa

Ascolta ora: "Sparò allo straniero che gli distruggeva casa, la perizia gli dà ragione"

Sparò allo straniero che gli distruggeva casa, la perizia gli dà ragione

00:00 / 00:00
100 %

Sette mesi fa sparò al dirimpettaio Gezim Dodoli, il quale stava a quanto pare distruggendogli casa alla guida di una ruspa. I colpi di benna che quest'ultimo stava assestando alle pareti esterne avrebbero, a quanto pare, davvero potuto far crollare l'edificio, mettendo a repentaglio la vita delle sette persone che in quel momento si trovavano al suo interno. Questo l'esito della perizia depositata nelle scorse ore in procura ad Arezzo, a proposito dell'immobile teatro della "tragedia di San Polo". Riscontri che sembrano quindi rafforzare l'ipotesi iniziale: il 53enne Sandro Mugnai aprì il fuoco contro il vicino di casa straniero, uccidendolo, per difendere se stesso e la sua famiglia e agì solamente dopo aver avvisato le forze dell'ordine ed invitato più volte l'ex-amico a calmarsi, senza fortuna. La perizia redatta dall'ingegner Fabio Canè pare insomma confermare la situazione di estremo pericolo che vissero i Mugnai quella sera dello scorso 5 gennaio.

Aggiungendo due particolari: i colpi assestati con la ruspa da Dodoli stavano minando la stabilità della casa ed avrebbero come detto potuto causarne il crollo, mettendo a serio rischio l'incolumità di Mugnai e dei suoi familiari in quel momento riuniti attorno al tavolo. E gli esponenti delle forze dell'ordine, subito avvertiti dallo stesso Sandro Mugnai, non avrebbero avuto modo di arrivare sul posto in tempo (sia per la distanza che separa la frazione aretina di San Polo dalla caserma che per il lasso di tempo relativamente breve entro cui si è consumata l'azione). "La benna aveva già creato danni importanti, tanto da mettere a rischio la vita delle sette persone che erano dentro all'abitazione - si leggerebbe nella perizia depositata da Canè, stando a quanto riportato dalla testata online ArezzoNotizie - le forze dell'ordine erano già per strada, ma per raggiungere la casa avrebbero avuto bisogno di tempo”.

A seguito dell'omicidio, Mugnai era finito in carcere, salvo essere scarcerato dopo pochi giorni mentre l'"ipotesi legittima difesa" stava prendendo via via sempre più piede. E dire che le due famiglie coinvolte nell'episodio erano a quanto pare legate in passato da legami di stima ed amicizia, prima che i rapporti si incrinassero per motivi ancora da chiarire del tutto. Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, a seguito di una delle ultime discussioni con Mugnai, l'operaio albanese sarebbe salito su una ruspa ed avrebbe colpito con la benna le automobili nel piazzale, per poi focalizzarsi sull'abitazione dei vicini. Mugnai avrebbe cercato di convincere Dodoli a fermarsi, chiamando poi il 112 e il 113. Avrebbe quindi imbracciato la carabina e sparato un primo colpo dimostrativo a terra, sempre per indurre l'ex-amico a spegnere il motore. E solo dopo essersi reso conto che il suo gesto non aveva sortito alcun effetto, avrebbe esploso altri colpi verso lo straniero.

Uno dei quali rivelatosi fatale.

Commenti