Cronaca giudiziaria

Successione Agnelli, mancati versamenti per 40 milioni di euro

Dopo le nuove perquisizioni svolte dagli investigatori, filtra dal Palazzo di Giustizia la cifra contestata Indagati tutti e tre i fratelli, il notaio e il commercialista

Successione Agnelli, mancati versamenti per 40 milioni di euro

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«Una vita di spostamenti». La residenza di Donna Marella è ancora una volta al centro dell’inchiesta torinese: è sempre sull’ipotesi che in realtà lei vivesse in Italia, e non in Svizzera, che si basa la nuova contestazione di truffa ai danni dello Stato per cinque indagati, tra cui spiccano per notorietà il numero uno di Stellantis John Elkann e i suoi fratelli Lapo e Ginevra.
Per questo primo fronte dell’inchiesta, l’ipotesi dei pm è che i cinque abbiano concorso nel produrre «artifici o raggiri» per un indebito profitto ai danni delle casse pubbliche, in particolare lo Stato e l’Agenzia delle Entrate.

Dal nuovo decreto si evince che l’inchiesta riguarda in particolare due profili. Da un lato il mancato pagamento delle tasse di successione in Italia - non quantificato dai pm nel decreto, ma secondo le stime si aggirerebbe intorno a 40 milioni di euro - avvenuto sottraendo al Fisco quella che secondo i magistrati è una parte dell’eredità della vedova dell’Avvocato, cioè 734.190.717 euro. Una somma che i magistrati avrebbero calcolato a partire dalle dichiarazioni integrative per il 2019-2020 e 2021 presentate dai tre fratelli, figli di Margherita Agnelli, a fine 2023. E quindi solo tre mesi dopo un accertamento antiriciclaggio alla P Fiduciaria, riferibile a John, e scattato dopo una sos da parte di un intermediario bancario. Accertamento peraltro conclusosi con delle comunicazioni alla procura di Torino che già stava indagando sulla questione dell'eredità, dopo l'esposto di Margherita.

I magistrati ipotizzano che si tratti di fondi riconducibili in origine a Donna Marella e che, quindi, anche quelle somme dovessero rientrare nell’eredità, con conseguente obbligo di imposte di successione. Anche se a tal proposito, gli avvocati di Elkann, Federico Cecconi, Paolo Siniscalchi e Carlo Re, avevano precisato che «non esiste alcun tesoro estero» che il numero uno di Exor abbia «nascosto a qualsivoglia autorità». Quel tesoretto, secondo le difese, sarebbe invece «noto da anni, perché egli stesso lo ha dichiarato all’Agenzia delle Entrate, pagando ogni tassa dovuta».


L’altro profilo riguarda invece la presenza di ingenti patrimoni e redditi, che sarebbero stati sottratti alla tassazione italiana. Per i pm Giulia Marchetti e Mario Bendoni, con l’aggiunto del pool per i reati economici Marco Gianoglio, le somme non dichiarate da Marella avrebbero fruttato una rendita di 30 milioni all'anno su cui le imposte stando all’accusa - avrebbero dovuto essere pagate in Italia. La frode fiscale, rispetto alla vecchia ipotesi, che rimane sempre per John Elkann, il notaio svizzero e il commercialista Ferrero, è stata invece estesa ad altre annualità, e cioè anche al 2016 e al 2017, e non solo al 2018 e 2019.

Intanto, da quanto si apprende, i difensori degli indagati stanno valutando un nuovo ricorso al tribunale del Riesame contro il nuovo decreto di sequestro.

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