Cronaca giudiziaria

Il tribunale accorda risarcimento da 170mila euro, ma le vittime sono morte da anni

La Cassazione ha stabilito che una coppia di Lucca, raggirata da un promotore finanziario, sarà risarcita dall'istituto di credito per il quale lavorava l'uomo. I coniugi non vedranno tuttavia un euro, perché l'iter giudiziario ha richiesto anni ed entrambi sono nel frattempo deceduti: la somma andrà alle figlie

Foto d'archivio
Foto d'archivio

Ascolta ora: "Il tribunale accorda risarcimento da 170mila euro, ma le vittime sono ormai morte da anni"

Il tribunale accorda risarcimento da 170mila euro, ma le vittime sono ormai morte da anni

00:00 / 00:00
100 %

Una coppia venne truffata da un promotore finanziario di un noto istituto di credito nazionale, poi condannato in via definitiva a 2 anni e 8 mesi di reclusione. Nessuna delle due vittime del raggiro vedrà però un euro di risarcimento: dall'inizio del processo all'ultima parola della Cassazione sono infatti trascorsi diversi anni e i coniugi sono nel frattempo deceduti. Una storia che arriva da Lucca, con la Corte di Cassazione che ha condannato anche la banca per cui il promotore lavorava ad indennizzare con 170mila euro (più interessi) le figlie della coppia, considerando nel frattempo l'avvenuta scomparsa dei coniugi.

Stando a quanto riportato dalla testata Luccaindiretta.it, tutto iniziò alcuni anni fa, quando il "promoter" finì sul banco degli imputati con l'accusa di aver depredato il conto corrente di alcuni clienti. Fra questi, c'erano per l'appunto i due coniugi in questione, costituitisi parte civile nel procedimento penale. E se alla condanna del promotore si arrivò in tempi relativamente brevi, ben più complicato fu l'iter legato al risarcimento.

Già, perché in un primo momento il tribunale di Lucca aveva accolto parzialmente la domanda e condannato il promotore finanziario al pagamento di oltre 160mila euro, rigettando però quella proposta nei confronti della banca. A quanto pare, l'uomo non aveva tuttavia la disponibilità economica per corrispondere un risarcimento di quella portata al nucleo familiare e l'intero percorso sembrò quindi sul punto di arenarsi. C'era insomma il serio rischio che marito e moglie non venissero risarciti. Tanto più che, nel 2020, la corte d’Appello di Firenze aveva sostanzialmente confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato il promotore, ma non l'istituto di credito. Un verdetto, quest'ultimo, ribaltato proprio nelle scorse ore dalla Cassazione: secondo i giudici, della condotta del promotore (tenuta anche nei confronti di altri correntisti, a quanto sembra) deve rispondere anche il datore di lavoro. Anche la banca è stata quindi condannata in solido e sarà il soggetto che erogherà materialmente la somma.

I protagonisti di questa vicenda non hanno tuttavia fatto in tempo ad assistere al definitivo pronunciamento a loro favore, visto che già da qualche anno sono passati a miglior vita. Ad essere risarcite saranno quindi le loro eredi. “L’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del primo, che riguarda l’ammontare delle somme da risarcire, e la cassazione della sentenza impugnata - si legge nella sentenza - in quanto sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere rimessa alla stessa corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, che, nel procedere a nuovo esame, applicherà i principi di diritto sopra esposti.

E procederà a regolare le spese del giudizio di appello e di questa fase di legittimità”.

Commenti