Guerra in Israele

Lo scrittore israeliano Michael Sfaradi: "In gioco sopravvivenza Occidente"

Michael Sfaradi scrittore e inviato di guerra israeliano, racconta nella nostra intervista il suo punto di vista sul "nuovo conflitto" tra Hamas e Israele e perché questa guerra non assomiglia a nessuna di quelle combattute dal 1948

Lo scrittore e inviato di guerra Michael Sfaraldi, Il suo ultimo libro è "Operazione fuori dagli schemi" (La Nave di Teseo) con la prefazione di Carlo Nordio
Lo scrittore e inviato di guerra Michael Sfaraldi, Il suo ultimo libro è "Operazione fuori dagli schemi" (La Nave di Teseo) con la prefazione di Carlo Nordio

Comprendere il conflitto tra Israele e Palestina è qualcosa di estremamente complicato che affonda le sue radici da molto lontano e si intreccia in un dedalo in cui districarsi ed avere un’idea precisa è molto difficile. Spesso si finisce per crearla sul sentito dire o sull’onda emotiva di episodi sanguinosi come quelli di qualche giorno fa con l’attacco di Hamas ad Israele. È fondamentale però comprendere a fondo i passi di una guerra distante dal nostro Paese, ma molto più vicina di quello che possiamo immaginare, che si gioca come in una partita a scacchi mondiale, con mosse e motivazioni solo apparenti, quando in gioco c’è molto di più.

Ne abbiamo parlato con lo scrittore israeliano, giornalista e inviato di guerra Michael Sfaradi che da sempre, sia nelle sue numerose pubblicazioni che come inviato, si occupa di questo conflitto. Il suo ultimo libro Operazione Fuori dagli Schemi (La nave di Teseo) con la prefazione di Carlo Nordio, riprende temi a lui cari in un thriller ad alta tensione che svela retroscena dello spionaggio internazionale.

Basandosi sia sulla sua esperienza di giornalista che su quella di inviato sul campo, cosa differenzia questa guerra dalle precedenti?

"Il conflitto che è appena iniziato, non somiglia a nessuno di quelli che Israele, dal 1948, ha combattuto fino ad oggi. Questo perché oggi lo Stato ebraico si trova di fronte a terroristi organizzati come un esercito e finanziati da una nazione, l’Iran, famoso nel mondo per dare sostegno al terrorismo internazionale. Previsioni sul futuro andamento sono impossibili, ci troviamo alle prime fasi, e per questo non possiamo sapere come si svilupperà. Ci sono troppe varianti che devono essere prese in considerazione. Questa volta Israele ha subito un vero e proprio pogrom (sommosse popolari di natura antisemita spesso appoggiate delle autorità, ndr) che ricorda quelli del tempo dello zar. Una cosa del genere non succedeva appunto dai pogrom zaristi e questo per Israele è inaccettabile. Dopo ciò che è accaduto sono cambiate le regole del gioco. Se per un soldato come Gilad Shalit rilasciato nel 2006, il governo israeliano ha lavorato incessantemente per 5 anni e rilasciato oltre 1200 terroristi pur di liberarlo, oggi il governo dello Stato di Israele non è disposto a nessuna trattativa per recuperare i 130 ostaggi che Hamas ha preso nella modalità che è ancora sotto gli occhi di tutti.

Anche se il Qatar e l’Egitto si sono fatti avanti tentando di iniziare una sorta di trattativa tra Hamas e Israele per uno scambio di prigionieri, soprattutto donne e bambini, in cambio del rilascio di donne terroriste in prigione ad Israele, non c’è stata nessuna disponibilità a trattare perché in questo preciso momento storico la nazione non è disposta ad essere ostaggio degli ostaggi. Solo dopo il rifiuto israeliano da Gaza hanno fatto sapere che non si accettano trattative. Questo dà il senso di quanto siano cambiate le cose e fa comprendere, per come la vedo io, la ferma intenzione di Israele di andare fino in fondo e distruggere Hamas. Perché dopo che i terroristi sono entrati nelle case uccidendo donne, vecchi bambini e presi ostaggi, non c’è più alcuno spazio di trattativa. Hamas deve essere cancellata senza alternative".

Quali potrebbero essere gli scenari di questa guerra, visto che nei suoi libri ha spesso trattato argomenti similari, ripresi dalla realtà che ha vissuto?

"Hezbollah sta già scaldando il confine al nord di Israele. Ci sono stati i primi attacchi e questa è una situazione in costante evoluzione e la Cisgiordania dove ci si aspetta o potrebbero esserci la possibilità di attacchi ai villaggi sulla West Bank, sul modello di quelli che abbiamo visto intorno alla Striscia di Gaza. Se questo dovesse accadere si aprirebbero altri fonti con ulteriori varianti che non si possono prevedere perché non si sa esattamente come reagiranno gli arabi israeliani, quelli cioè che hanno la cittadinanza israeliana e che vivono dentro Israele. Si tratta di una comunità divisa tra coloro che vogliono continuare a vivere in una libertà democratica e atri, più estremisti, che vorrebbero affiliarsi ad Hamas o alle sigle meno note del terrorismo internazionale islamico".

Cercando di spiegare la cosa in maniera semplice, Hamas si dice paladina del popolo palestinese, le cose stanno davvero così?

"Dobbiamo partire dal presupposto che dalla Striscia di Gaza Israele è uscita nel 2005 lasciandola nelle mani della Anp (Autorità Nazionale Palestinese, ndr) di Abu Mazen che il mondo riconosce come unico rappresentante del popolo palestinese. A distanza di pochi mesi, Hamas ha fatto un colpo di stato buttando fuori dalla Striscia i rappresentanti dell’Anp concentrando il potere in mano ai militari. Da allora i palestinesi di Gaza vivono sotto il tallone di una dittatura islamica tra le più crudeli e feroci. Chi vuole veramente bene al popolo palestinese dovrebbe capire che appoggiare Hamas significa appoggiare coloro che tengono i palestinesi schiavi all’interno della Striscia di Gaza. Perché se non ci fosse il terrorismo di Hamas i confini con Israele sarebbero aperti come lo sono stati nei pochi mesi in cui quel territorio era sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese".

C’è la sensazione che un attacco così violento a “favore di telecamera” sia un modo per dimostrare qualcosa di molto più sottile di una rivendicazione di terra. Cosa vuole realmente Hamas?

“Basta leggere lo statuto di Hamas per comprendere quali sono gli intenti: la distruzione dello Stato di Israele, sulle quali ceneri vorrebbero costruire un nuovo stato di Palestina. È chiaro che basandosi su questo c’è ben poco da trattare. Inoltre Hamas deve dimostrare all’Iran che i loro soldi sono stati spesi bene. L'Iran vuole la distruzione di Israele, paga ai suoi Proxi, Hamas e Hezbollah, con milioni e milioni di dollari in armi, in soldi, contanti e, diciamocelo francamente, anche in droga. È risaputo che Hezbollah è invischiata nei grossi traffici di stupefacenti in Sudamerica. Chi sta sul libro paga dell’Iran deve dimostrare che i soldi investiti sulle loro forze, e su quello che poi saranno pronti a fare contro Israele, sono spesi bene. La strage fatta a favore di telecamera, in Occidente crea orrore, ma nel mondo arabo alza l’asticella della loro forza. Diceva qualcuno che nel confronto tra l’uomo con il computer e quello con la clava, vincerà sempre quello con la clava".

La gente però è molto confusa, perché da sempre generalizzando al massimo, si parla di una guerra per la terra sottratta dagli israeliani ai palestinesi.

“La confusione è generata da un’informazione che non deve essere di "parte", ma oggettiva. Se esistesse la giusta informazione storica, la gente saprebbe che nel 1948 Israele dichiarò la sua indipendenza dopo la spartizione di quello che era l'ex mandato britannico in Palestina e che chi non accettò furono i Paesi Arabi. Saprebbe che nel 1956 la prima guerra del Sinai, con un colpo di mano l’Egitto volle nazionalizzare il Canale di Suez togliendolo ai francesi e agli inglesi che avevano investito milioni per crearlo. E ancora che nel 1967 Nasser (è stato un politico e militare egiziano, secondo Presidente della Repubblica egiziana, dal 23 giugno 1956 al 28 settembre 1970, il giorno della sua morte), fece di tutto per cercare la guerra fino al punto da cacciare i soldati dell'ONU, che nel Sinai facevano da cuscinetto, minacciandoli, se non se ne fossero andati, di essere le prime vittime.

Poi scatenò la guerra chiudendo lo Stretto di Tiran al passaggio delle navi israeliane che dovevano arrivare al porto di Eilat, mossa che fu un vero e proprio casus belli. Nel 1973 Israele fu attaccata da due nazioni sobillate dall’ex Unione Sovietica, e per finire se l’informazione fosse davvero corretta, la gente saprebbe che nella guerra del 1982 denominata “Pace in Galilea” la goccia che fece traboccare il vaso fu l’attentato all’ambasciatore di Israele a Londra colpito da tre colpi di pistola alla testa, ma che già da un anno e mezzo prima dell’operazione, l’OLP (organizzazione per la liberazione della Palestina) di Yasser Arafat, bombardava sistematicamente dal Libano con i razzi Katiuscia, tutta la zona di confina a nord di Israele. Esattamente quello che fa oggi Hamas dalla Striscia di Gaza. Non è cambiato nulla. Israele è andata tantissime volte incontro alle esigenze palestinesi, partendo dai trattati di Oslo per i quali Arafat ricevette il Nobel, chiedendo in cambio solo la pace, ma l’attacco di tre giorni fa è la prova concreta che questo è impossibile".

Perché secondo lei, difendere Israele in questo momento significa difendere la pace?

“Più che la pace, che è comunque importante, in gioco c’è la sopravvivenza dell’Occidente. Non mi stupirei se quello che è successo in Israele potrebbe accadere ad esempio in Europa e non è una frase campata in aria. Lo abbiamo visto al Bataclan di Parigi, a Madrid treni sono saltati in aria, a Londra ci sono stati attentati dinamitardi e in Germania andare ai mercatini di Natale significava rischiare la vita. Per non parlare delle chiese in Francia che bruciano come fiammiferi. Se l’Occidente non si sveglia e non mette un freno a chi vuole cambiare tutto quello che abbiamo costruito negli ultimi 2000 anni, ci troveremo in situazioni che non saranno facili da gestire. Anche se voglio precisare che non tutto l’Islam è terrorismo, esiste tanta brava gente che vorrebbe vivere solo in pace e far crescere i figli ma che ha paura di esporsi e diventare obiettivo di ritorsioni”.

Un eventuale, e molto probabile, attacco di Israele, come accennava lei, può cambiare l’opinione pubblica mondiale? Ci sono già moltissime parti che inneggiano ad Hamas.

“In questo momento l'opinione pubblica mondiale a favore di Israele, perché ha visto i morti nelle strade, ma tra una settimana o 10 giorni, quando li avranno dimenticati, tutto potrebbe cambiare, ma questa volta, ne sono certo, Israele non si fermerà davanti a nulla e Hamas, come è stato più volte detto, verrà archiviato sui libri di storia.

Anni di missili sulle città del sud e attentati terroristici contro la popolazione civile avevano messo a dura prova la pazienza degli israeliani, ma quello che è successo sabato scorso, contiamo al momento circa mille morti e tutti civili, non è sopportabile, non è scusabile in alcun modo e pretende che, purtroppo con la forza, vengano ristabilite certe regole di convivenza civile".

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