Cronaca internazionale

"Fondi dal Qatar". Bufera su Netanyahu: lo scandalo che ora fa tremare il premier

Diversi documenti ottenuti da hacker finanziati dagli Emirati Arabi Uniti dimostrerebbero l'invio da parte di Doha di decine di milioni di dollari al premier israeliano, per finananziare le sue corse al premierato

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Una pesante ombra cala sulla carriera politica del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Da diversi anni circolano informazioni su presunti flussi di denaro dal Qatar per finanziare le campagne elettorali del leader del Likud, ma dal 7 ottobre queste hanno assunto una rilevanza ben diversa. La pubblicazione di dettagli sempre più precisi, inoltre, fa aumentare la pressione sul primo ministro israeliano e rischia di travolgerlo.

Questa vicenda inizia a diventare una tempesta politica”, ha commentato commenta Yigal Carmon, ex colonnello del servizio di intelligence militare Aman e consigliere per l’antiterrorismo dei premier Yitzhak Rabin e Yitzhak Shamir. “Può portare alla caduta di Netanyahu”. L’uomo ha fondato il Middle East media research institute (Memri), un think tank che si occupa di raccolta e analisi di fonti aperte. L’istituto conta tra le sue fila gli ex direttori della Cia James Woosley e Michael Hayden, il generale Keith Alexander, leader della National security agency americana dal 2005 al 2014, l’ex primo ministro Ehud Barak e José Maria Aznar, premier spagnolo dal 1996 al 2004. Nella sera di venerdì 22 dicembre, Carmon ha pubblicato sul sito del Memri una serie di documenti interni del governo di Doha, hackerati da un’organizzazione finanziata dagli Emirati Arabi Uniti: il “project Raven”.

Nato nel 2019 per combattere il terrorismo nel Paese del Golfo e composto da ex agenti della Nsa, il gruppo ha rinvenuto ciò che sembrano le prove del trasferimento di decine di milioni di dollari dal Qatar per finanziare le corse al premierato di Netanyahu. Il denaro, secondo quanto ricostruito dal Membri, sarebbe stato preparato in segreto e consegnato in contanti. “Netanyahu è un collaboratore, un prigioniero, un ostaggio che non può criticare il Qatar: l’emirato reagirebbe”, ha sottolineato Carmon. Tra le decine di documenti trafugati dai terminali governativi qatarioti, ve ne sono due che, se verificati, potrebbero determinare il definitivo tramonto politico di Bibi.

Il primo è una lettera, scritta nel 2012 dal ministro delle Finanze Yousef Husain Kamal all’emiro Hamad Bin Jassim Bin Jabr Al-Thani. In essa, si parla di un finanziamento da 15 milioni di dollari “al signor Benjamin Netanyahu, capo del Likud, come partecipazione nel sostegno nella prossima campagna elettorale”. Viene citata anche “la direttiva di Vostra Altezza di ritirare questa allocazione e fornirla in contanti al servizio di sicurezza dello Stato”. La seconda missiva, datata al 2018 e redatta sempre dal titolare del medesimo dicastero, al tempo Ali Shareef Al Emadi, è indirizzata al capo dello staff dell’emiro, Tamim bin Hamad Al Thani. Questa volta, l’argomento è un presunto “rapido sostegno finanziario a Sua Eccellenza Benjamin Netanyahu” pari a 50 milioni di dollari. Secondo quanto ricostruito dal Memri, le due trance di denaro sono state utilizzate per le elezioni del 2013 e del 2019.

Dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, il Qatar si è schierato apertamente con l’organizzazione terroristica e fornisce da anni asilo nel suo territorio a diversi ufficiali di alto rango, come il capo politico Ismayl Haniyeh. Doha, inoltre, non riconosce lo Stato ebraico. Tutti tasselli di un puzzle, questi, che rendono ancora più gravi le accuse rivolte al premier Netanyahu e che fanno sorgere diverse domande sull’attenzione che ha dimostrato nei confronti dell’Emirato.

Un esempio fra tutti, il primo ministro ha rifiutato di oscurare nel suo Paese il servizio di informazione Al-Jazeera, nonostante l’emittente qatariota sostenga l’organizzazione terroristica palestinese.

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