Cronaca internazionale

Giornata internazionale contro i test nucleari, l’appello del Kazakistan

A 32 anni dalla chiusura del sito di test nucleari di Semipalatinsk, Astana sta ancora facendo i conti con le ripercussioni degli esperimenti sovietici

Giornata internazionale contro i test nucleari, l’appello del Kazakistan
Tabella dei contenuti

Il 29 agosto il mondo si unisce per ricordare la Giornata internazionale contro i test nucleari. La data sancita dalle Nazioni Unite nel 2009, con l'adozione all'unanimità della Risoluzione 64/35, non è stata scelta a caso: essa fa riferimento all’anniversario della chiusura del sito di test nucleari di Semipalatinsk, in Kazakistan, risalente al 1991. Un crocevia fondamentale nella direzione del disarmo nucleare: chiudendo quel sito, è stata messa la parola fine ai test dell’allora Unione Sovietica nella cornice della Guerra fredda.

Il Kazakistan e la Giornata internazionale contro i test nucleari

L’importanza di questa Giornata è sempre più rilevante considerando la diffusa instabilità geopolitica. La direttrice del programma di sicurezza CBRN presso il James Martin Center for Nonproliferation Studies (CNS), in California, Margarita Kalinina-Pohl si è soffermata sull’eredità dei test nucleari in un’intervista all’Astana Times e ha esordito parlando dell’uscita in sala di “Oppenheimer”, il film di Christopher Nolan sulla creazione della bomba atomica durante la seconda guerra mondiale: “Il film è incentrato sul Trinity Test (la prima detonazione dell’arma nucleare statunitense) e sul suo esito positivo, ma tace sul costo umano per le comunità locali”. L’esperta ha proseguito: “Il Trinity Test faceva parte del Manhattan Project, il nome in codice dell'impresa scientifica e militare per lo sviluppo delle prime bombe atomiche. I vertici del Manhattan Project non informarono i residenti dei test”. Qui il discorso si lega al Kazakistan: “I sovietici fecero lo stesso con il popolo kazako che viveva nelle vicinanze del sito di Semipalatinsk. I test nucleari furono condotti lì in completa segretezza e negando assolutamente gli effetti dannosi delle radiazioni ricadute”.

Secondo quanto confermato dal quotidiano kazako, quasi 1,5 milioni di persone furono colpite dai 456 test nucleari – 340 sotterranei e 116 in superficie – effettuati dai sovietici per più di quattro decenni a Semipalatinsk. All’inizio degli anni Novanta, il Kazakistan si trovò a fare i conti con la necessità di mettere in sicurezza i siti nucleari, con tanto di attività di bonifica e pulizia delle armi di distruzione di massa. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, il Paese trasferì quasi 1.400 testate nucleari in Russia e aderì al regime di non proliferazione. Kalinina-Pohl ha visitato due volte il sito di Semipalatinsk, la prima nel 1999 e la seconda nel 2001: “Gli incontri a Kurchatov e Semipalatinsk hanno avuto un profondo effetto su di me a livello personale e professionale. È stata un’esperienza illuminante che mi ha aiutato a realizzare gli sforzi colossali profusi nei test e il loro impatto su larga scala sulle persone e sull’ambiente”. L’esperta ha sottolineato che oltre ai materiali nucleari pericolosi, l’eredità sovietica ha lasciato anche fonti radioattive per scopi militari, di ricerca e industriali. “In Kazakistan venivano prodotte anche armi biologiche, testate sull’isola Vozrozhdeniye nel Lago d’Aral”, ha rimarcato. Le storie delle vittime dei test nucleari stanno emergendo solo oggi, a partire da quella dell’artista e attivista Karipbek Kuyukov, che ha sperimentato in prima persona le conseguenze di quanto avvenuto a Semipalatinsk.

La sicurezza nucleare nell'Asia centrale

Il mese di settembre segna un altro crocevia fondamentale nella storia del disarmo nucleare: si celebrerà il 30esimo anniversario nell’iniziativa volta a istituire la Central Asian Nuclear-Weapon-Free Zone (CANWFZ), che ha portato alla firma del Trattato su una zona libera dalle armi nucleari in Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) nel 2006 nella città kazaka di Semei, noto anche come Trattato di Semipalatinsk. “Gli stati dell’Asia centrale – Kirghizistan e Tagikistan in particolare – stanno ancora affrontando l’eredità sovietica dell’estrazione dell’uranio sotto forma di sequestri contenenti rifiuti radioattivi, noti come sterili. Causano danni alle persone e all’ambiente, rappresentando un problema per la sicurezza”, l’analisi della Kalinina-Pohl.

In collaborazione con altri Paesi, diversi stati dell’Asia centrale stanno lavorando a progetti di energia nucleare: “L’Uzbekistan sta collaborando con la Rosatom State Atomiс Energy Corporation per la costruzione di una centrale nucleare. Il Kazakistan sta esaminando quattro potenziali offerenti (Corea, Cina, Francia e Russia). Considero i vantaggi derivanti dall’aggiunta dell’energia nucleare ai portafogli energetici degli Stati come un passo avanti verso la riduzione delle emissioni di gas serra”. Per la Kalinina-Pohl, l’ordine nucleare globale è stato messo in discussione dalla guerra in Ucraina: “Alti funzionari ed esperti russi hanno rilasciato dichiarazioni inquietanti alludendo alla possibilità dell’uso di armi nucleari. La guerra ha rivelato le vulnerabilità delle infrastrutture nucleari civili. Dobbiamo ripensare come affrontare la sicurezza nucleare nel mutevole panorama geopolitico, soprattutto se tali minacce provengono da uno Stato dotato di armi nucleari”.

Da qui arriva l’appello all’importanza dell’educazione alla non proliferazione:“Dovrebbe essere insegnata non solo a livello universitario, dovrebbe essere introdotta anche nei programmi delle scuole superiori". Il CNS gestisce un programma per studenti e insegnanti delle scuole superiori chiamato Critical Issues Forum. Guidato dal manager e ricercatore associato Masako Toki, consente agli studenti degli Stati Uniti, del Giappone e, fino a poco tempo fa, della Russia di discutere di non proliferazione, controllo degli armamenti e disarmo e di come possono contribuire a ridurre le minacce esistenziali derivanti dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa. Tra le attività previste, incontri virtuali con gli hibakusha, ossia i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.

“È ampiamente riconosciuto che il campo della non proliferazione è interdisciplinare. Preparare i futuri leader della non proliferazione richiede un approccio olistico che combini la padronanza delle questioni tecniche e politiche. Pertanto, la non proliferazione dovrebbe essere prevista sia alle università politiche che a quelle tecniche che preparano i futuri professionisti per i settori legati al nucleare”, il pensiero di Kalinina-Pohl. Uno degli obiettivi è quello di rafforzare la cooperazione con le università del Kazakistan, evidenziando che le ripercussioni dei test nucleari non si fermano alla salute, bisogna tenere conto delle conseguenze psicologiche e socioculturali: “I numeri non possono rendere giustizia alle vittime dei test nucleari. La maggior parte di loro sono popolazioni indigene e comunità locali, che hanno vissuto la pioggia radioattiva provocata dai funghi atomici che si sono accumulati sui deserti degli Stati Uniti, sulle Isole Marshall nell’Oceano Pacifico, sulla steppa kazaka e su altri territori dove sono state testate armi nucleari”.

E ancora: “Considerando una storia di 40 anni di test nucleari in Kazakistan, gli impatti dei test nucleari sulle persone e sull’ambiente devono ancora essere pienamente valutati per le generazioni a venire”.

Commenti