Cronaca internazionale

"Così incontrerete Gesù". Tutti gli orrori della Setta del digiuno di Shakahola

La giustizia keniana ha formulato le accuse nei confronti di Paul Mackenzie e di altri 94 suoi presunti complici. Il leader è accusato di omicidio, aggressione e terrorismo

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Lasciarsi morire di fame per incontrare Gesù in paradiso. Così il leader della “Setta del digiuno di Shakahola", Paul Mackenzie, ha convinto centinaia di seguaci a digiunare fino a esalare l’ultimo respiro. Una storia che arriva dal Kenya e che ha sconvolto l’opinione pubblica occidentale per i suoi contorni brutali. La giustizia sta facendo il suo corso: oggi sono state formulate le accuse nei confronti del capo della cricca e di altri 94 complici. Il direttore delle pubbliche procure (Dpp), Renson Ingonga, ha confermato che Mackenzie e gli altri saranno accusati di omicidio, aggressione, terrorismo e facilitazione della commissione di un atto terroristico. Il leader sarà accusato anche di tortura di minori. I numeri sono impressionanti: le vittime sarebbero almeno 429. Ma non è tutto.

Il caso della “Setta del digiuno di Shakahola" si trascina da quasi un anno e l’arresto di Mackenzie risale allo scorso aprile, quando le autorità keniote scoprirono i primi corpi dei suoi suoi adepti nella foresta di Shakahola, nell'entroterra della cittadina costiera di Malindi. Secondo quanto ricostruito, il leader della setta ha spinto i suoi seguaci a lasciarsi morire di fame per seguire un culto religioso di ispirazione cristiana, fino all’incontro con Gesù Cristo. Una pratica estrema, purtroppo non la prima nel Paese africano, in cui il problema dei gruppi religiosi non regolamentati è piuttosto diffuso. Secondo quanto riportato dalla Bbc, molti sospettati sono stati erroneamente scambiati per vittime e trasferiti in un centro di soccorso. Una volta accertato l’errore, gli investigatori hanno scoperto che molti di loro avevano lasciato morire i figli nella foresta. I componenti della “Setta del digiuno” avevano inoltre fornito nomi e identità false

Controverso predicatore, Mackenzie era noto alle autorità del Kenya da diverso tempo per le sue tesi estreme ed era già stato arrestato con l’accusa di essere coinvolto nella morte di alcune persone nella sua tenuta, ma poi era stato rilasciato su cauzione. Il timore degli investigatori è che il numero di vittime sia più corposo, fino a 600 persone. Le ricerche proseguono nella parte meridionale del Paese, dove sono state rinvenute decine di tombe e fosse comuni. Le prime autopsie hanno confermato la morte per inedia, ma su alcuni cadaveri sono stati rintracciati segni di asfissia, strangolamento e altro tipo di violenze. L’ipotesi è che in alcuni casi il leader della setta e qualche suo fedelissimo abbiano agito per arrivare più rapidamente alla morte degli adepti.

Diventato famoso nel Paese grazie ai sermoni trasmessi in tv e in rete, Mackenzie ha estremizzato il suo credo negli ultimi anni, tanto da dire ai suoi seguaci di non farsi visitare dai medici e di non mandare i figli a scuola. Fondò un istituto scolastico all’interno della sua Good News International Church, ma non solo. Negli ultimi anni ha millantato poteri divini, convincendo gli adepti di poter curare le persone. La pandemia da Covid-19 è stata interpretata come un segnale della fine del mondo, l’ideale per il predicatore, sempre più potente all’interno della cerchia. Secondo un testimone, il digiuno obbligatorio faceva parte di un piano per un suicidio di massa: i primi a morire dovevano essere i bambini, poi le donne e infine gli uomini.

In base a quanto segnalato da un ex collaboratore di Mackenzie, i più piccoli venivano rinchiusi all’interno di capanne senza cibo né acqua e poi venivano avvolti nelle coperte e sepolti (in alcuni casi ancora vivi).

Nessun digiuno invece per Mackenzie: il capo voleva rimanere vivo per aiutare i seguaci a incontrare Gesù, si sarebbe lasciato morire una volta raggiunto l’obiettivo, in previsione della presunta fine del mondo.

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