Cronaca internazionale

La Russia inonda la Cina di petrolio: così Putin sfida le sanzioni

Nel 2023, Mosca ha superato l'Arabia Saudita diventando il primo fornitore di greggio del gigante asiatico. Per aggirare le sanzioni, gli acquirenti di Pechino si sono serviti di intermediari

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Il petrolio russo a basso costo fa gola alla Cina. Nel 2023, la Federazione è salita al primo posto per le forniture di greggio al gigante asiatico, scavalcando l’Arabia Saudita. In aperta sfida alle sanzioni imposte dall’Occidente, Pechino ha importato la cifra record di 107.02 milioni di tonnellate di greggio dal Paese vicino, un aumento del 24.10% rispetto all’anno precedente.

Stando a quanto riportato da Reuters, le raffinerie cinesi si sono affidate a intermediari per gestire le spedizioni e la consegna dei barili di oro nero russo, in modo da non violare le restrizioni poste da Nato e Unione europea sugli scambi commerciali con la nazione responsabile dell’invasione dell’Ucraina. Da quando i Paesi allineati con Kiev hanno deciso di liberarsi dalla loro dipendenza energetica da Mosca, il petrolio di Putin ha inondato i mercati asiatici ed è stato venduto a prezzi scontati per tutta la durata del 2023.

La crescente domanda del settore industriale cinese e indiano ha fatto lievitare i prezzi, portando il greggio della Federazione a superare il price cap imposta dai Paesi del G7 nel 2022 di 60 dollari al barile. Secondo varie fonti riportate dall’agenzia stampa britannica, le consegne di petrolio russo a dicembre sono state scontate di 20-50 centesimi a unità, mentre a ottobre e a marzo il loro costo è stato ridotto rispettivamente di uno e 8.50 dollari. L’Arabia Saudita, invece, ha aumentato il prezzo del suo Arab light, perdendo così quote del mercato cinese e riducendo le sue esportazioni verso il Dragone dell’1.8%.

La Russia, dunque, continua a poter contare sul suo alleato energivoro per mantenere a galla la sua economia e, di conseguenza, finanziare le industrie belliche e le operazioni militari in Ucraina. Il 27 dicembre scorso, il vicepremier con delega all’Energia Aleksandr Novak ha affermato che i guadagni derivati dall’esportazione di gas e petrolio hanno raggiunto la cifra di 9mila miliardi di rubli, pari al 27% del Pil della Federazione. Numeri che fanno capire come la tenaglia delle sanzioni imposte dall’Occidente non sia riuscita a soffocare l’economia di Mosca, che si è rivolta ad altri partner con cui il commercio è in costante aumento. Basti pensare che il valore totale degli scambi tra Cina e Russia ha raggiunto i 200 miliardi di dollari. Vladimir Putin, inoltre, può contare sull’intesa con il principe saudita Mohammed bin Salman.

L’Arabia Saudita è, assieme a Mosca, il più grande produttore di greggio e i due Stati detengono sostanzialmente il controllo sui prezzi al barile, che possono manipolare a loro piacimento per raggiungere i proprio obiettivi.

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