Guerra in Israele

"Qui curiamo tutti senza distinzioni tra ebrei e arabi"

Il dottor Rosso nello staff del Sourasky medical di Tel Aviv, dove il parcheggio sotterraneo è stato convertito in reparto

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La storia del Tel Aviv Sourasky Medical Center, il principale ospedale di Tel Aviv, racconta un altro volto della guerra tra Israele e Hamas scardinando una serie di stereotipi e cliché.

Situato nel centro della città con 1.600 posti letto e 8mila dipendenti, è una struttura unica al mondo costruita con quattro piani sotterranei che, in caso di emergenza, possono essere riconvertiti in reparti. L'edificio (di tredici piani fuori terra) offre protezione contro gli attacchi convenzionali, chimici e biologici.

Zeev Lavie, direttore degli affari internazionali dell'ospedale, ci guida al piano meno uno che, dopo il sette ottobre, è stato riconvertito in reparto. Dove oggi si trovano decine di pazienti, fino a poche settimane fa c'era il parcheggio dell'ospedale e, se la situazione della guerra dovesse peggiorare, anche gli altri tre piani sotterranei sarebbero pronti ad essere utilizzati in una città in cui quasi ogni giorno, nonostante Iron Dome, suonano le sirene per il pericolo dei missili provenienti dalla striscia di Gaza.

Come ci spiega Lavie «dall'inizio della guerra riceviamo feriti e forniamo cure mediche critiche preparandoci a uno scenario ancora più grande di guerra totale avendo aperto il più avanzato ospedale sotterraneo al mondo. Le nostre equipe lavorano continuamente per fornire le migliori cure mentre affrontano quotidianamente attacchi informatici e missili».

Come spiega Roberta Anati, ceo di Elnet Italia, organizzazione presente in Europa e in Israele: «è fondamentale sottolineare la celerità e professionalità con la quale uno dei maggiori ospedali di Israele, Ichilov, ha realizzato in soli due giorni una struttura di emergenza dopo il 7 ottobre per i feriti di guerra civili israeliani e di ogni nazionalità dando non solo supporto medico ma anche psicologico e sociale. La capacità di reazione è essenziale».

Al Tel Aviv Sourasky Medical Center lavora da molti anni tra i primari di cardiologia il dottor Raffaele Rosso, nato in Piemonte, dopo la laurea in medicina a Pavia, si è trasferito a fine anni Novanta in Israele.

«Qui curiamo tutti ci spiega Rosso prima del sette ottobre molti palestinesi venivano a curarsi da noi, c'era un protocollo per cui i medici degli ospedali di Gaza potevano richiedere che i pazienti in condizioni critiche venissero trasferiti a Tel Aviv. Ancora oggi ci sono alcune famiglie di Gaza, tra cui vari bambini palestinesi, nel nostro ospedale». Alla domanda se ci sia un diverso trattamento tra i pazienti israeliani e palestinesi, il dottor Rosso risponde con risolutezza: «assolutamente no e vi dirò di più, qui lavorano numerosi arabi israeliani come dottori e primari e non esiste in Israele che un medico abbia meno opportunità di carriera perché arabo». Il Dottor Rosso fa poi una riflessione sul dibattito in Italia in merito alla percezione della guerra: «qui in Israele sono di sinistra e ho manifestato contro la riforma della giustizia di Netanyahu ma le dichiarazioni della sinistra italiana mi fanno bollire il sangue, quando sento slogan come dal fiume al mare libereremo la Palestina che vuol dire cancellare Israele, provo un certo disgusto ma anche i brividi».

Una lezione di stile e di umanità da un uomo abituato a salvare tutte le vite umane a prescindere dalla loro provenienza e religione.

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