Cronaca locale

Ranucci e Travaglio ci provano ancora con i pentiti di mafia

Il sedicente giornalismo antimafia ci mette del suo, mescolando informazioni e suggestioni, inchieste giudiziarie e kermesse da avanspettacolo, tra selfie, pizzini e Tiktok.

Ranucci e Travaglio ci provano ancora con i pentiti di mafia

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Ranucci e Travaglio ci provano ancora con i pentiti di mafia

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Se la mafia agisce sostanzialmente indisturbata in questo Paese è perché si passa più tempo a inseguire i fantasmi che a cercare i colpevoli. Il sedicente giornalismo antimafia ci mette del suo, mescolando informazioni e suggestioni, inchieste giudiziarie e kermesse da avanspettacolo, tra selfie, pizzini e Tiktok. Oltraggiando i morti di mafia prima ancora che la verità. Ieri sera Report ha mostrato un’intervista di Paolo Mondani tutt’altro che rubata del 2 marzo scorso a Salvatore Baiardo, manutengolo del boss Giuseppe Graviano e sedicente favoreggiatore della sua latitanza. Tema, la famigerata foto che ritrarrebbe Silvio Berlusconi con una polo scura, lo stesso Graviano e il generale dei carabinieri Francesco Delfino, scattata nella primavera del 1992 nei pressi del lago d’Orta (prima delle stragi di Falcone e Borsellino) o forse a luglio dopo via d’Amelio, dallo stesso inaffidabile mafioso. È l’ennesima inchiesta sul Cavaliere, aperta dalla Procura di Firenze, che vorrebbe dimostrare il folle teorema sul ruolo di possibile fiancheggiatore di Cosa nostra nella stagione stragista del ’92-’93 tramite una Forza Italia ancora inesistente. Ai pm Baiardo ha detto che sono fesserie, ai giornalisti dice che le foto esistono.

Ma la storia giudiziaria non si fa con i se, né con foto fantasma. E infatti in tribunale questa ipotesi si è disgregata più volte. Ora, che qualcuno insista su questa narrazione ci può stare. Il conduttore di Report Sigfrido Ranucci da sempre mescola teorie un po’ claudicanti a ipotesi televisivamente suggestive. Lo stesso dicasi per il Fatto quotidiano, che ha nel mascariamento di Berlusconi la sua ragione fondante.
Ci sta anche che Baiardo, ansioso di scrivere un libro e di raggranellare due spicci, alzi la posta tra una comparsata tv e un video su Tiktok (sic), a maggior ragione dopo che Massimo Giletti, il primo a cui aveva promesso la foto che il giornalista avrebbe pure visto nel luglio del 2022, a distanza e senza riconoscere né Graviano né Berlusconi, è saltato per aria assieme alla sua trasmissione su La7, chiusa improvvisamente e senza spiegazioni dall’editore Urbano Cairo.

Chi ha visto il servizio intuisce facilmente che Baiardo sa di essere registrato da Report, tanto che si lascia andare a frasi come «E se non va tutto come deve andare, nel libro usciranno le foto». Quale libro? Si sa il titolo, Le verità di Baiardo, manca un editore che potrebbe essere il Fatto, chissà. Secondo la ricostruzione di Giacomo Amadori sulla Verità Baiardo avrebbe mandato a Giletti un selfie con Mondani, con un messaggino tipo «Loro ricominciano ad aprire, vogliono farla con Netflix». In mezzo a questa trattativa commerciale (Baiardo ha già intascato da La7 un bel gruzzoletto, forse un anticipo sulle foto?) ci sono quelle politiche su ergastolo ostativo e i soliti veleni sul Ros dei carabinieri per la cattura di Matteo Messina Denaro.

Con il servizio pubblico che si presta a fare da megafono a queste illazioni, alla stregua di Tiktok.

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