Cronaca nera

Angela Celentano, resta ancora aperta la pista turca ma "serve tempo"

Il gip del tribunale di Napoli ha concesso una proroga di altri sei mesi per le indagini relative alla pista turca. L'avvocato della famiglia Celentano a ilGiornale.it: "Probabilmente servirà altro tempo"

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È stata prorogata di altri sei mesi l’indagine relativa alla pista turca sulla scomparsa di Angela Celentano. Lo conferma a ilGiornale.it l’avvocato Luigi Ferrandino che assiste i genitori di Angela: "Il pubblico ministero incaricato dell’indagine ha chiesto una proroga di altri sei mesi. - spiega il legale - Allo stato attuale non è ancora iniziata la vera e propria attività investigativa. Credo che in questo momento gli inquirenti stiano provvedendo alla traduzione di tutti gli atti dell’inchiesta avviata 14 anni fa".

La pista turca

La pista turca fa riferimento a un filone d’inchiesta avviato dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea nel 2009 secondo cui Angela Celentano potrebbe trovarsi in Turchia. Un’ipotesi - o forse una suggestione - nata dalla segnalazione di una blogger che, al tempo, dichiarò di aver ricevuto da un alto prelato alcune informazioni sulla bimba (oggi 30enne) scomparsa dal Monte Faito il 10 agosto del 1996. La donna dichiarò che Angela si trovava sull’isola turca di Buyukada insieme ad uomo che "si finge suo padre". Lei stessa si recò sul posto per verificare tali indiscrezioni e, tornata in Italia, consegnò la documentazione raccolta - il biglietto da visita di un sedicente veterinario, tal Fafhi Bey, che avrebbe una cicatrice sul collo - allegando anche una foto della ragazza che, a suo dire, avrebbe avuto una forte somiglianza con Angela. Le indagini dell'epoca sfumarono senza trovare riscontro concreto.

La svolta lo scorso gennaio

Lo scorso gennaio, la procura partenopea aveva chiesto l'archiviazione del suddetto fascicolo di inchiesta ma il giudice del tribunale di Napoli, Federica Colucci, si era opposta ordinando ulteriori approfondimenti entro il limite massimo di 6 mesi. Secondo la gip, dalle risultanze investigative erano emerse delle discrasie che "non consentivano di ritenere complete le indagini". Sintetizzando: gli inquirenti dell'epoca avevano interrogato un uomo che era stato identificato come Farih Dahl ma, nell'annotazione di fine rogatoria, costui veniva indicato come Fafhi Bey. Un errore di traduzione o uno scambio di persona?. Non solo. Secondo il Servizio di Cooperazione internazionale di polizia c'è un’utenza intestata a Fafhi Bey. Ciò significa che - aveva dedotto la giudice - esiste un uomo che risponde a questo nominativo e dunque "occorre procedere alla sua compiuta identificazione ed escussione nonché alla sua descrizione - annotava il gip sei mesi fa - con particolare riferimento alla cicatrice" riferita dalla blogger.

"Serve ancora tempo"

Nei giorni scorsi la gip ha concesso una proroga di sei mesi per le nuove indagini. "La mia ipotesi è che questa ulteriore proroga servirà per completare il lavoro di traduzione e trascrizione. - conclude l'avvocato Ferrandino - Dopodiché è probabile che si passi all'attività investigativa vera e propria.

In ogni caso, credo che occorrerà aspettare ancora un bel po' di tempo prima di chiarire fatti e circostanze relative alla cosiddetta pista turca".

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