Cronaca nera

"Femminicidio" è la parola dell'anno. Ma lo sia per tutti e non per moda

Quando, lo scorso 7 dicembre, i signori Tramontano hanno ritirato l'Ambrogino d'oro che la città di Milano ha assegnato, postumo, alla loro figlia Giulia, il Teatro Dal Verme si è commosso per intero

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Quando, lo scorso 7 dicembre, i signori Tramontano hanno ritirato l'Ambrogino d'oro che la città di Milano ha assegnato, postumo, alla loro figlia Giulia, il Teatro Dal Verme si è commosso per intero. Perché tutti ricordiamo come Giulia sia stata massacrata, incinta di sette mesi, dal compagno e padre del bambino che portava in grembo. E quando, due giorni prima, a Padova si è svolto il funerale di un'altra ragazza, anche lei di nome Giulia (foto), e di cognome Cecchettin, la Chiesa e la piazza erano strapiene. Perché tutti ricordiamo come Giulia sia stata accoltellata senza pietà dal fidanzato. Questi, che sono brutali assassinii, negli ultimi anni sono stati connotati «per genere», per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni e per contribuire a una svolta culturale, sociale e di mentalità: ed è questo il motivo per cui la Treccani ha decretato «femminicidio» come la parola del 2023. I dati del Dipartimento di pubblica sicurezza dicono che in Italia da gennaio sono state uccise 118 donne: 96 in ambito familiare/affettivo, di cui 63 dal partner o dall'ex. Perciò se, come spiegano dalla Treccani, in quanto osservatori della lingua non si occupano «della ricorrenza e della frequenza d'uso della parola femminicidio in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale», allora dovrebbe essere la parola del ventennio: infatti, è da quando vediamo le immagini delle donne afghane rese invisibili dal burqa, o leggiamo di giovani pachistane o nigeriane stuprate e poi lapidate per la loro «colpa», o assistiamo al massacro delle iraniane che osano mostrare i loro capelli in pubblico, e ballare, e ascoltare la musica, o vediamo padri pachistani, immigrati in Italia, che uccidono le figlie «ribelli», che il «femminicidio» suscita in tutti noi (o quasi tutti...) la massima indignazione.

E deve continuare a suscitarla: in ogni direzione, in ogni luogo, chiunque sia l'assassino, e non a seconda della sua provenienza, e nemmeno della sua cultura e religione, o presunte tali.

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