Cronaca nera

Resti umani ritrovati in un bosco: il figlio di Liliana Agnani interrogato a breve

Il 60enne è accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Tra i resti ritrovati in un bosco a Trecate, in provincia di Novara, una protesi: gli inquirenti hanno identificato la donna grazie al numero di serie

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Sono a braccetto, entrambi sorridenti, a bordo piscina, in una fotografia insieme postata sui social e posizionata come immagine di copertina. Il figlio, Stefano Garini, in costume, occhiali da sole, zaino e infradito. Liliana Agnani, l'anziana madre, vestita di tutto punto con abiti leggeri, sandali e golfino. È un'immagine che stride con le accuse che la magistratura rivolge oggi a Garini, 60enne agente immobiliare, residente a Milano: ovvero l'omicidio e l'occultamento del cadavere della 80enne, allo scopo di intascare la sua pensione di reversibilità. La notizia è stata anticipata su IlGiornale.it ieri pomeriggio: i resti di ossa umane che erano stati ritrovati a ottobre a Bosco Marino, lungo il corso del Ticino a Trecate, in provincia di Novara, appartengono all'anziana. È stato il numero di serie della protesi a rivelare il nome e il cognome della donna. E a spingere così inquirenti e investigatori a sospettare del figlio che da mesi avrebbe intascato una pensione della donna, pari a 1654,19 euro mensili.

Garini, difeso dall'avvocato Emanuele De Mitri, è accusato anche di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Non è ancora chiaro da quanto tempo il corpo dell'anziana si trovasse nella boscaglia, ma l'ipotesi è che sia stato abbandonato oltre cinque mesi prima, cioè a maggio 2022. L'uomo, che è indagato ma a piede libero, ha detto agli inquirenti di avere effettivamente accompagnato la madre a Trecate, ma di non avere nulla a che fare con il suo delitto. "Non so nulla, non sono stato io", sono state le sue dichiarazioni, sempre molto vaghe, rilasciate spontaneamente agli inquirenti. Garini verrà presto sentito nuovamente, questa volta a verbale sotto interrogatorio.

A quanto si legge nel decreto di perquisizione a suo carico, gli inquirenti ipotizzano che l'omicidio sia avvenuto proprio per percepire indebitamente la somma mensile. Gli investigatori, coordinati dal pm di Novara Paolo Verri, il 29 giugno di quest'anno sono entrati nell'appartamento di Milano dell'agente immobiliare alla ricerca, tra le altre cose, di tutti gli apparecchi elettronici e informatici, al fine di effettuare una copia durante la perquisizione. Il tutto con l'ipotesi che possano “trovarsi cose pertinenti al reato, quali arma del delitto, materiale-informatico o telemarico utile alle indagini (personal computer, smartphone, tablet), e in genere la documentazione di qualunque tipo dalla quale trarre elementi di prova”.

La procura di Novara ha anche sequestrato il conto corrente dell'uomo in quanto vi sono “seri indizi rispetto alla indebita percezione di erogazioni pubbliche”.

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