Cronache

Arrestato per spaccio, ma risarcito dall'azienda

Prima il super lavoro, poi il demansionamento che gli ha causato un "crollo psicologico", infine la droga. Per lui un risarcimento da oltre 50mila euro

Arrestato per spaccio, ma risarcito dall'azienda

Nel 2014 venne arrestato per spaccio di cocaina, ma ora l'azienda per cui lavorava è costretta a risarcirlo, perché gli avrebbe causato il "crollo psichico".

Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, l'uomo, un tunisino di 37 anni, lavorava come autista e uomo di fiducia del presidente una grande azienda che fabbrica yacht, svolgendo qualsiasi tipo di mansione e facendo straordinari ad ogni ora. Poi, iniziò a usare droga e spacciare cocaina, fino a quando venne arrestato e condannato. Il suo crollo sarebbe iniziato nel novembre 2013, quando il 37enne aveva chiesto un'assunzione a tempo indeterminato, dato che aveva lavorato nella ditta per 5 anni. L'assunzione, in effetti, arriva, ma la sua mansione cambia e diventa il custode. I documenti, firmati dall'azienda, mostrerebbero il super lavoro del ragazzo, che era sempre a disposizione del presidente, svolgendo fino a 800 ore di straordinari in un anno.

Per la legge, le aziende sono responsabili dei danni causati da un carico di lavoro esagerato, anche quando il lavoratore sia d'accordo. Inoltre, il demansionamento del 37enne avrebbe aggravato la situazione psicologica, provocandogli il crollo. Secondo i giudici, l'uomo "pur se inquadrato come autista godeva in azienda di una posizione di rilievo, essendo autista del presidente e almeno per un certo periodo persona di sua fiducia, in grado di interloquire con la clientela (parlava più lingue)". Le nuove mansioni, quindi, lo declassavano a una posizione di custodia, chiuso in un gabbiotto. "Il fattore scatenante del disturbo- hanno concluso i giudici- non è stato il super lavoro in sé, ma la discrepanza e la connessa “ingiustizia” che l’interessato ha percepito vedendo frustrato il proprio sforzo di soddisfare in elevata misura il datore di lavoro".

La sentenza, quindi, ha raccontato il momento del crollo dell'uomo e ne ha riconosciuto colpevole l'azienda per cui lavorava, che dovrà risarcirlo con oltre 52mila euro.

Nessuna attenuante per l'accusa di spaccio, ma i due processi separati disegnano un quadro che potrebbe sembrare paradossale: condannato per spaccio, ma risarcito dall'azienda.

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