Economia

Le aspirine di Stato sono inutili

Contro questa recessione polare non bastano più le aspirine di Stato

Le aspirine di Stato sono inutili

Uno che di finanza se ne intende, Ennio Doris, ha detto che le sedi bancarie rischiano di diventare come le vecchie cabine telefoniche. La speranza a questo punto è che vengano decimate solo le agenzie e non le banche tout court perché con la crisi economica sono almeno 15 gli istituti di credito a rischio-fallimento, per non parlare pure di qualche Titanic quasi sull'orlo dell'iceberg. Troppo pessimisti? Magari: basta guardare gli ultimi dati di quest'estate deflazionata per rendersi conto che la situazione resta pesante. A luglio i prezzi sono ancora calati anche se la flessione si sta attenuando (-0,1% su base annua). Di questo passo, come ha sottolineato ieri il Giornale, dovremmo pagare di tasca nostra per tenere in banca i sempre più magri risparmi. Ha cominciato un piccolo istituto della Baviera, la Raiffeserbank Gmund, che da settembre applicherà un prelievo dello 0,40% sui depositi più alti; ne seguiranno di certo altri. Tanti economisti sono più prudenti dopo aver annunciato più volte la ripresa con l'elargizione degli 80 euro di renziana memoria. È vero che se calano i prezzi al dettaglio dovrebbe crescere il potere d'acquisto delle famiglie, ma l'automatismo non avviene quasi mai. In compenso aumentano le fabbriche che chiudono i battenti, così come il numero dei disoccupati e degli indigenti o i giovani che, laurea in tasca, debbono trasferirsi all'estero. È un circolo vizioso che continua ad autoalimentarsi senza che il governo abbia finora individuato la soluzione. Da quanto tempo continuiamo a sostenere che le minori entrate nelle catene della produzione e della distribuzione debbono essere compensate da veri, consistenti, sgravi fiscali? Non basta più qualche «aspirina» gettata qua e là tanto per cercare di tenere bassa la temperatura. È inutile che l'ex sindaco di Firenze, girando da una festa dell'Unità all'altra nella «rossa» Emilia (che di «rosso» ha ormai solo quello dei bilanci di tante coop) continui a lanciare rassicuranti proclami su un autunno in risalita. Il premier ha pure rivelato, intervistato da Mentana, di avere solo 30mila euro sul proprio conto corrente: una discreta cifretta per gran parte delle famiglie italiane che ogni giorno debbono sbarcare il lunario. Di questo passo finiremo per rimpiangere i tempi drammatici dell'inflazione a due cifre. Allora l'allarme era ai massimi livelli, oggi si sottovalutano gli effetti della «recessione polare» che continua a mordere. Basta guardare le spiagge d'agosto del litorale romagnolo: nonostante il rischio attentati - che ha convinto molti italiani a disertare tante mete esotiche, dall'Egitto alla Tunisia - molti centri balneari non sono affatto traboccanti, anzi. Se è vero che Ferragosto riserva sovente notizie preoccupanti sul fronte economico - da Camp David del 1971, con il presidente Nixon che decise di abolire la convertibilità del dollaro in oro, all'estate dell'anno scorso quando lo yuan cinese venne svalutato per tre volte in pochi giorni - nel 2016 il problema è, soprattutto, italiano anche se la «gelata» d'agosto riguarda, come abbiamo visto, l'Europa intera. Stiamo subendo i contraccolpi dei mancati interventi del nostro governo e gli effetti della politica monetaria Bce che per troppo tempo ha predicato l'«inflazione zero». Eppure anche Draghi pare avere cambiato idea con i richiami tardivi alle banche centrali di avviare una strategia comune per invertire il «trend». Secondo indiscrezioni confindustriali, proprio il «numero uno» Bce verrebbe adesso indicato come uno dei possibili outsider del Quirinale (gli altri sarebbero Dario Franceschini ed Enrico Letta) nel caso che il premier Renzi dovesse essere bocciato da un bel «No» al referendum.

Con gli istituti di credito che ci ritroviamo, se l'attuale banchiere di Francoforte dovesse salire a Palazzo Chigi, sarebbe davvero un'impresa da draghi.

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