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Bartali batte Abu Mazen

Bartali batte Abu Mazen

Quanta strada nei suoi sandali e sotto le ruote della bici, lungo la strada che porta da Assisi a Firenze. Niente Giro in quegli ultimi anni di guerra e il campione con il naso triste come una salita sta consumando gli anni migliori. Il suo rivale, Fausto, bersagliere e caporale della divisione Ravenna, è prigioniero degli inglesi in Africa. Ginettaccio pedala senza bestemmiare, e ogni giorno mette nelle gambe 185 chilometri, avanti e indietro. Non si sta allenando, ma fa quello che considera il suo dovere di uomo e di cristiano e sfida la sorte, perché se per sfiga i nazisti e i fascisti lo beccano finisce probabilmente a morte. Tradimento. Questa non è una corsa come le altre. Ad Assisi c'è una stamperia francescana clandestina, a Firenze un vescovo che lo aspetta. Gino fa la staffetta e porta documenti falsi: nomi falsi, passaporti falsi, storie false, dello stesso Dio, ma di un'altra religione. Sono fogli per espatriare e il vescovo li distribuisce agli ebrei per salvarli dall'Olocausto. Alla fine saranno più di 800 e sono andati in fuga. Il campione ha quasi 30 anni, non indossa più la maglia della Legnano e se qualcuno gli chiede se è stanco, la risposta è sempre la stessa: «La maglia rosa non mette mai piede a terra». Il suo nome è Gino Bartali.

Domani comincia il Giro d'Italia. È la centounesima edizione e si parte con una cronometro, lui avrebbe detto che non è la sua corsa, perché più di chiunque, perfino più di Coppi, la sua strada va in salita e lui è il re della montagna. Solo che qui è diverso e quella collinetta lì davanti è il Golgota e se la carovana adesso sta qui è per lui. È per Bartali, giusto tra i giusti e cittadino onorario di Israele. E quei 185 chilometri degli anni di guerra sono come una cronometro. Non ti fermi, non ci pensi, batti la strada tutta d'un fiato, prima che ti arrestino, prima che sia troppo tardi.

Bartali è la risposta alle parole storte di Abu Mazen, pronunciate a Ramallah, davanti al consiglio palestinese. La Shoah se la sono cercata. «Vi porterò tre ebrei, con tre libri, che dicono che l'odio verso gli ebrei non è causato della loro identità religiosa, ma dalle loro funzioni sociali». Lo scriveva anche Hitler. Bartali ti dice che la vita e la libertà di ogni individuo sono sacre. Bartali è uno di quegli italiani che se ne è fottuto delle leggi razziali. Non è il solo, perché non sono stati tantissimi, ma neppure così pochi.

Sono quelli come Perlasca o come una contadina dell'Appennino, Costanza Rufo, che leggeva a fatica, ma per istinto e buon cuore salvava chi vedeva andare al macello.

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