Cronache

Bologna, i collettivi in guerra: occupata un'altra aula studio

Appena concluso il blitz nella facoltà di Giurisprudenza. Dopo il caso-tornelli, la biblioteca di Lettere è ancora chiusa. I collettivi: "Resteremo qui finché non riapre"

Bologna, i collettivi in guerra: occupata un'altra aula studio

A Bologna ci si mette poco a capire l'aria che tira in Università. Bastano la prima aula "okkupata" e all'ennesima protesta contro tutto e tutti. Per sopravvivere devi capire che centri sociali, antagonisti e collettivi pensano di avere una sorta di monopolio del diritto e delle libertà: in zona università tutto è lecito. A loro. Quindi non c'è da stupirsi se oggi, un mese dopo gli scontri che hanno portato alla chiusura della biblioteca di Lettere in via Zamboni 36, il Cua sia tornato alla carica, occupando un'altra aula studio.

E così da oggi fino a quando - si spera - la polizia tornerà a sgomberarli, gli studenti che frequentano Giurisprudenza in via Zamboni 22 dovranno sorbirsi le prepotenze dei collettivi. "L'università chiude gli spazi?! - scrivono 'Quelli del 36' su Facebook - Noi li riapriamo! Occupata un'aula al 22 di Via Zamboni, nella facoltà di giurisprudenza! Una nuova aula studio autogestita all'UNIBO, senza barriere di nessun tipo, libera e accessibile a tutt*!". Amen.

La tensione è alta, è evidente. E il tempo non ha cancellato la voglia di "rivoluzione". I fatti passati sono noti ai più: a metà febbraio i collettivi occuparono l'aula studio dove l'Università aveva imposto i tornelli all'ingresso per evitare spiacevoli sorprese all'interno, come dover ospitare sbandati, spacciatori e tossicodipendenti. La polizia intervenne sgomberando lo stabile dopo qualche breve tafferuglio. Ne seguirono grida irritate di sdegno degli antagonisti contro gli "sbirri nei luoghi di cultura", interrogazioni parlamentari, polemiche e via dicendo. Fu tutt'altro che un'irruzione violenta di polizia, anzi. Ma scoppiò comunque un pandemonio.

Un mese dopo i tornelli non sono stati ufficialmente tolti, ma la riapertura della biblioteca di Lettere è stata rinviata dal Rettore. Francesco Ubertini, come il più classico dei gesti alla Ponzio Pilato, ha infatti preferito evitare lo scontro definitivo con i (pochi) studenti schieratisi a difesa dei violenti. Nelle settimane scorse il Senato Accademico si era riunito per discutere della questione. Il dilemma era: riaprire l'aula di Lettere togliendo i tornelli; oppure andare a testa bassa contro il Cua, continuando imperterriti a difendere la legittimità di consentire l'ingresso in biblioteca solo agli studenti muniti di badge universitario. Fonti presenti alla riunione riferiscono che il Rettore era favorevole a mantenere aperto il dialogo. Molti dei professori di Scienze Politiche invece si dicevano stufi delle prepotenze del Cua. Gli studenti di destra, attraverso il loro rappresentante, avevano chiesto l'espulsione dei violenti. Senza successo. Qualche professore di Lettere e Fisica si era pure schierato dalla parte del Cua, proponendo il pensionamento anticipato dei tornelli. Alla fine Ubertini e il Senato hanno deciso di non decidere: aula studio chiusa fino a data da definirsi, forse tra un mese. Bella scelta.

Alla base dell'esitazione c'è un contrasto ideologico tutto interiore dei vertici dell'Università: il loro cuore vorrebbe togliere i tornelli "perché simbolo di repressione"; ma sanno bene che all'interno del "36" la situazione era insostenibile. E così nell'indecisione delle autorità, il Cua è tornato ad occupare un'altra aula studio.

Tanto per far capire chi comanda a Bologna.

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