Cronache

Caos per l'esame di abilitazione in psicologia. 10mila laureati non sanno che fare

Sono 10mila i laureati in psicologia che ancora non conoscono le modalità e i tempi di svolgimento dell’esame di abilitazione

Caos per l'esame di abilitazione in psicologia. 10mila laureati non sanno che fare

Il mondo della scuola di nuovo in rivolta. Stavolta, però, a finire al centro delle polemiche non è la ministra Lucia Azzolina, ma il titolare del dicastero dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi.

Dopo i professori precari è il turno della protesta degli aspiranti psicologi. Sono, infatti, circa 10mila i laureati in psicologia che ancora non conoscono le modalità e i tempi di svolgimento dell’esame di abilitazione, nonostante tra meno di una settimana dovrebbe iniziare la sessione di orali che, a causa del Covid, è stata spostata di un mese al 16 luglio. “Prima dell’emergenza sanitaria il nostro esame di abilitazione consisteva in tre prove scritte più un colloquio orale a cui si accedeva dopo aver frequentato un tirocinio professionalizzante di 1000 ore distribuite in due semestri. Ora, invece, tutto verrebbe sostituito da un colloquio telematico di cui non sono chiare né le modalità né i tempi, e sostanzialmente ci apprestiamo ad affrontare un esame al buio, senza sapere a che tipo di prova andremo incontro”, spiegano a ilGiornale.it Patrick Fabbri e Davide Pirrone, rappresentanti del Movimento Abilitazione professionale Psicologia, nato spontaneamente attraverso il gruppo Facebook Laurea Abilitante Psicologia. Gli esami scritti, in periodo pre- Covid, erano prove complesse e impegnative. La prima riguardava la psicologia generale, un’altra era dedicata alla progettazione di un intervento, mentre l’ultima era incentrata sull’analisi di un caso clinico reale. Vi era, inoltre, un colloquio orale sull’analisi del tirocinio, sulla conoscenza e sulla capacità di applicazione del codice deontologico.

L'incontro col ministro Manfredi

La protesta è iniziata già lo scorso 12 giugno quando gli psicologi abilitandi hanno manifestato in piazza Montecitorio e hanno ottenuto un incontro col ministro Gaetano Manfredi a cui erano presenti anche il dottor Alessandro Goracci, capo di gabinetto del premier Giuseppe Conte e il presidente dell’Ordine degli psicologico, David Lazzari. Un incontro che non ha portato gli esiti sperati. “Ciascun ateneo universitario, ha la piena discrezionalità sulla modalità di svolgimento e sulla valutazione degli esami, e non sembrano esserci adeguamenti alle linee guida dell’Ordine, che risultano vaghe e non vincolanti”, sottolineano gli aspiranti psicologi che lamentano una mancanza di informazioni persino sulle date. “Non sappiamo nulla di come si svolgerà l’esame. Alcune università hanno addirittura deciso di spezzare la sessione tra luglio e settembre”, dicono gli studenti visibilmente preoccupati di fronte a una tale anarchia burocratica.

La disparità di trattamento tra psicologi e medici

“Noi avevamo proposto di equiparare il tirocinio professionalizzante all’esame di Stato, proprio come si è fatto per i medici e gli infermieri”, dicono i rappresentanti dei laureati in Psicologia che ricordano come, in base al decreto Lorenzin del 2018, la loro professione rientri di diritto tra quelle di ambito sanitario. Nulla da fare da questo punto di vista. “Allora abbiamo chiesto di poter svolgere il colloquio telematico secondo le modalità di quella che precedentemente era la prova orale, con la possibilità per i commissari di aggiungere domande sulla teoria, ma dando sostanzialmente per assodate le conoscenze oggetto delle prime tre prove scritte”, dicono Fabbri e Pirrone che considerano impensabile “concentrare in una videochiamata di mezz’ora quattro prove così articolate, senza che ne scaturisca un caos”.

Ma, come se non bastasse, la responsabilità di una cattiva qualità della connessione internet sarà imputabile agli esaminandi che si troveranno di fronte il rischio di vedersi invalidare l’esame.

Oltre al danno, la beffa.

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