Cronache

In carcere per furto il rom liberato dal Cie per merito della Kyenge

L'ex ministro si difende: "Sapevamo perfettamente dei suoi precedenti ma mi sono battuta per i suoi diritti"

In carcere per furto il rom liberato dal Cie per merito della Kyenge

Un anno fa Cecile Kyenge si batteva per Senad Seferovic, oggi 25enne, e il fratello Andrea per tirarlo fuori dal Cie. Il giudice di pace di Modena le aveva dato ragione avvalendosi del fatto che, non essendo mai stati naturalizzati in Bosnia Erzegovina, i due non avevano alcun documento. Nessuno aveva, però, fatto i conti (o, se li avevano fatti, avevano fatto finta di nulla) con le pendenze giudiziarie dei due fratelli che avevano spinto la Questura a chiederne l'espulsione dall’Italia. Oggi Senad Seferovic è di nuovo in carcere perché, come racconta la Gazzetta di Modena, faceva parte di una banda di ladri di rame.

Senad Seferovic e il fratello Andrea appena liberati dal Cie

Mercoledì scorso i carabinieri di Anzola, cittadina in provincia di Bologna hanno arrestato una banda di cinque nomadi che erano stati beccati a Fiorano mentre trasportava un carico di rame appena rubato. Un bottina da circa 40mila euro. Nel gruppo c’era anche Senad. Per tutti il giudice ha convalidato l’arresto con custodia cautelare in carcere. Ora il nomade "liberato" dalla Kyenge si trova al Sant’Anna con l'accusa di furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale. "Sono stato coperto di insulti da un comitato che si era mobilitato per due 'innocenti' che stavano al Cie chissà perché - tuona Carlo Giovanardi - la Questura mi aveva confermato che avevano una sfilza impressionante di denunce. Quanto alla vicenda burocratica, se volevano potevano diventare italiani e invece hanno preferito restare apolidi. È chiaro che loro erano al Cie in attesa di espulsione". La difesa diceva che i Seferovic non avevano patria. Ma Giovanardi non è affatto d'accordo: "Ricordo solo che il Cie si chiama Centro di identificazione perché lì devono essere identificati, non fuori. Bisognava espellerli; invece un giudice di pace di Modena ha preferito non applicare la legge e appellarsi alla sua coscienza". E conclude: "A Modena la gente è preoccupata per i reati predatori. Se polizia e magistrati mettono in carcere o al Cie, un giudice di pace può prendere simili decisioni? Se fossero stati innocenti o vittime di un errore sarei stato il primo a chiedere la loro liberazione. Sono per l’integrazione tra modenesi e immigrati onesti ma non quando c’è di mezzo il crimine".

La Kyenge passa subito al contrattacco: "Giovanardi è un senatore e dovrebbe aiutare la popolazione a capire fino in fondo la differenza tra clandestino e delinquente. Invece confonde apposta le cose, intorbida le acque e lo fa lasciando intendere che il Cie è un luogo per immigrati e delinquenti. Sbaglia e lo sa. Gli chiedo di fare un passo indietro e di considerare quanto è pericoloso questo discorso". Poi, però, ammette: "Sapevamo perfettamente dei suoi precedenti e non li abbiamo mai nascosti. Ci siamo battuti per i suoi diritti legati alla mancata cittadinanza. Se era delinquente doveva stare in galera e se lo è oggi ci starà oggi. Ma non doveva stare al Cie. Il carcere non è il Cie. Giovanardi lo sa.

Cambi strada e insegni che esiste una possibilità di una nuova convivenza, anche col rigore della legge".

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