Cronache

Le carceri devastate dai detenuti. Ma i rivoltosi non pagheranno nulla

Proseguono le proteste nelle carceri italiane per l'allarme coronavirus. I detenuti distruggono diverse zone degli istituti di pena: "Non risarciranno nulla perché nullatenenti"

Le carceri devastate dai detenuti. Ma i rivoltosi non pagheranno nulla

Lenzuola incendiate. Sbarre colpite con mazze e oggetti di ogni tipo. Intere sezioni andate a fuoco. Infermerie prese d’assalto. Archivi bruciati. Computer distrutti. Quando tra ieri e oggi gli agenti della polizia penitenziaria sono riusciti a riprendere pieno possesso di tutte le aree delle carceri dove sono esplose le rivolte, si sono trovati di fronte a scenari "apocalittici". A Modena l'istituto di pena è in parte inagibile, a Napoli Poggioreale 67 poliziotti sono stati refertati, cioè feriti o contusi. A Bologna ieri i reclusi hanno spaccato tutto a colpi di mazze (guarda il video). E poi ci sono Alessandria, San Vittore, Rebibbia, Bari, e tanti altri istituti in cui a farla da padrone sono state proteste e incendi più o meno delimitati.

L'inferno non sembra volersi placare. Anche oggi si registrano disordini a Caltanissetta, Enna, Larino, Pescara e Avellino, con gruppi di detenuti che rifiutano di rientrare nelle celle. E ancora Rieti, Palermo Pagliarelli, Genova, Campobasso e Trapani (guarda il video). "A Bologna - racconta una fonte - i detenuti sono bloccati nel reparto giudiziario, dove sono state saldate le porte d’ingresso ieri sera, per evitare che potessero aprirle. Questa mattina è ripresa la trattativa. Hanno esposto striscioni in cui chiedono l’amnistia e bruciato alcune parti dell’istituto". Non appena l’emergenza lascerà il passo alla valutazione dei danni, il conto sarà salato. E a pagarlo, paradossalmente, saranno i cittadini.

Se decine di carceri in tutta Italia esplodono in una protesta corale, qualcosa dev'essere successo. Ufficialmente i detenuti chiedono garanzie dal rischio di contagio dal Covid-19: se il coronavirus dovesse entrare in una casa circondariale, dove migliaia di persone vivono assiepati in pochi spazi, sarebbero guai per tutti. Altri lamentano le restrizioni ai colloqui con le famiglie, ancora non adeguatamente sostituiti da telefonate e videochiamate. Ma l'idea che serpeggia tra molti addetti ai lavori è che dietro si nasconda anche altro. Due indizi: la forza con cui i parenti delle vittime e i carcerati stessi hanno chiesto indulto, amnistia o altre pene alternative alle sbarre. E la sospetta movimentazione degli anarchici, che a Milano sono scesi in piazza per sostenere le istanze dei reclusi. "Possiamo dire che è venuto fuori in maniera chiara il vero motivo della protesta - dice al Giornale.it Giovanni Battista Durante, del Sappe - Ovvero la richiesta di indulto e amnistia, di cui tre gironi fa avevano lanciato la proposta i radicali e altre associazioni". Non è un caso se ieri sia Magistratura Democratica che Radicali, insieme all’Unione delle Camere Penali, abbiano chiesto al governo di valutare una misura straordinaria per superare il sovraffollamento delle carceri.

Risolvere il problema non sarà cosa semplice. Il ministro Alfonso Bonafede è sotto tiro, e da più parti ne vengono chieste le dimissioni o l'avvicendamento. Il tumulto, se non evitabile, era almeno prevedibile. Soprattutto perché l'organico della polizia penitenziaria sconta una carenza di 4mila unità e fronteggiare una rivolta di simili proporzioni sotto-dimensionati è difficile.

Il bollettino parla di unici morti (otto a Modena, tre a Rieti), probabilmente per l'abuso di farmaci assunti dopo l’assalto alle infermerie. Decine i feriti. Ventidue reclusi anche in fuga dopo l'evasione di massa da Foggia. Ma anche di intere sezioni e istituti completamente devastati. Molti si domandano: chi ripagherà la "furia" devastatrice che ha investito il sistema detentivo italiano?

Quando si inizierà a valutare gli effetti delle proteste, la beffa sarà inevitabile. I detenuti, spiegano fonti di polizia, non subiranno "nulla di grave" per quanto fatto. I più facinorosi per ora sono stati semplicemente trasferiti da un istituto ad un altro (è successo a Napoli e Modena, dove però mancano ancora 200 persone da portare altrove). Probabilmente verranno "denunciati per danneggiamenti", ma "non risarciranno nulla perché nullatenenti": "Si faranno qualche mese in più, quando la giustizia farà il suo corso - spiega la fonte - E cioè, conoscendo i tempi medi, vuol dire che non succederà mai”. Intanto però serviranno ingenti risorse per rimediare ai danni. Il conto verrà probabilmente intestato all’amministrazione penitenziaria, cioè alla collettività. Perché alla fine paga sempre Pantalone.

Ovvero i cittadini.

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