Cronache

Il Cardinal Ravasi: "Agitare il crocefisso è un rituale magico"

Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura in una lunga intervista al Corriere parla del rapporto con la la fede e manda un messaggio a Salvini

Il Cardinal Ravasi: "Agitare il crocefisso è un rituale magico"

Una riflessione su di se come persona, sul suo rapporto con la fede e sul ruolo della credente in questo momento storico. Il Cardinal Ravasi in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera parla di questi temi non sono da teologo e biblista, ma anche da uomo di fede in un momento storico dove spesso della religione se ne è fatto del marketing politico.

Così Ravasi inizia parlando della sua gioventù fino alla scoperta della fede: "Ho sempre concepito la fede come intrecciata con la tenebra, l’oscurità, la domanda, il dubbio (...) il solo conforto è la solidarietà umana, il legame della carne". Da qui la riflessione che nella "fede c’è un elemento paradossale" e che "credere è un rischio. Fede e religione non sono sinonimi, anche se tra loro connessi. La fede è un’esperienza esistenziale, una scelta radicale"; la "religione è la manifestazione esteriore" e, pertanto, "agitare il Vangelo, ostentare il rosario, baciare il crocefisso non fa di te necessariamente un credente".

E qui Cazzullo apre l'intervista verso la politica chiedendogli, alla luce di quanto detto da Ravasi, se Salvini sbagli a fare della religione uno spartiacque della decisione politica e il Cardinale risponde "non ci si salva con le manifestazioni esteriori, ma con la profonda adesione alle scelte morali ed esistenziali. Non è il gesto rituale che salva".

Da qui la domanda sul ruolo dei cattolici in politica e qui la risposta diventa molto meno da teologo e molto più da uomo di fede: "è difficile ricostruire una struttura, un’esplicita presenza cattolica. È però possibile e necessario essere una spina nel fianco della società. Non avere paura di andare controcorrente".

Poi il giornalista ritorna al Ravasi teologo e al suo rapporto con la chiesa nel processo di crescita dell'uomo prima che del Cardinale fino ad arrivare, passando da Papa Pio XII, Papa Giovanni XXIII, sino a Bergoglio su cui il Cardinale afferma che "Francesco è stato una sorpresa. Quando entrammo in Conclave, in pochi si attendevano che dopo Benedetto sarebbe stato scelto (...) un tipo diverso di Papa, con una visione così innovativa" e sulle posizioni del Papa sull'immigrazione dichiara che "il Papa parla da cristiano, la sua voce ci ricorda i nostri valori. Come diceva padre Turoldo, non dobbiamo inseguire il consenso, né il dissenso fine a se stesso; dobbiamo inseguire il senso".

Infine l'autocritica: "Noi non facciamo abbastanza per i fedeli. È più semplice fornire una tesi cui aderire e imporre un rituale.

Ma la fede implica formazione, riflessione, condivisione, comprensione".

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