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Casta diva

Casta diva

Quando si dice che la toppa è peggio del buco. L'ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta - oggi cittadina comune - non ne vuole sapere di lasciare la casa che le era stata assegnata perché «la mia vita è cambiata e io devo tenere relazioni sociali dignitose». E aggiunge: «E poi ora pago l'affitto». Già, 540 euro al mese per 180 metri quadrati in un palazzo signorile nel centro di Roma. Arroganza e capricci da diva (non se ne va) più il privilegio da casta (il canone ridicolo): se il nome non fosse già stato scelto da un famoso resort di lusso, da oggi la Trenta andrebbe ribattezzata «Casta Diva», anche se le sembianze non sono proprio quelle di una star del cinema.

Per intenderci, la Trenta abita e vive a sbafo, macchina e autista e segreteria a disposizione ventiquattr'ore al giorno, in quanto ex ministra. E lei a tornare nel nulla da cui era venuta non ci sta. In questo è simile alla maggior parte dei suoi colleghi di partito, e pure al premier Conte, che pur di non mollare la ribalta si presta a tutto: Lega e Pd pari sono purché se magni.

Tanta determinazione a tutelare se stessi è il motivo principale per cui difficilmente si tornerà a votare presto. Altro che fini analisi politiche, ma quale senso di responsabilità, al diavolo i disoccupati dell'Ilva e gli alluvionati di Venezia. La casa, signori, è la casa in centro a Roma che insieme allo stipendio e alle comparsate in tv tiene in piedi la legislatura. I costi di tutto ciò? E che sarà mai, basta alzare un po' le tasse, andare al servile Tg1 e dire che non è vero, che tanto i fessi ci credono e tutto va avanti come se niente fosse.

E c'è pure Di Maio che fa lo sdegnato: «È una vergogna, la Trenta deve lasciare quella casa», tuona ora, a caso scoppiato, facendo la parte di quello che cade dalle nuvole ma che paga una sua giovane segretaria più di quello che guadagna un primario ospedaliero a fine carriera.

Ci piacerebbe sapere se anche gli altri ministri Cinque Stelle, tipo Toninelli e Lezzi, hanno mollato all'istante tutti i privilegi che avevano quando erano in carica. Perché la storia di questi anni insegna: con i Cinque Stelle a pensare male difficilmente si sbaglia. Comunque non si commette peccato.

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