La Cei: "L'immigrazione non solo conviene, ma ne abbiamo bisogno"
Nel 2015 gli immigrati regolari aumentati di un altro 2%. La Cei: "Scommettere sulla cultura dell'incontro". E chiede il riconoscimento della cittadinanza
Nel 2015 gli immigrati regolari aumentati di un altro 2%. La Cei: "Scommettere sulla cultura dell'incontro". E chiede il riconoscimento della cittadinanza

Gli stranieri che resiedono regolarmente in Italia hanno superato la soglia dei 5 milioni. Sono l'8,2% degli abitanti del nostro Paese. I dati, contenuti nel Rapporto Immigrazione curato da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes presentato oggi a Roma, risalgono al primo di gennaio del 2015, prima quindi che escplodesse l'emergenza immigrazione. Tuttavia il report registra già un aumento del 2% rispetto al 2014. A commentare positivamente questa crescita è monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, secondo cui non solo "l'immigrazione conviene sul piano meramente economico", ma gli italiani ne hanno "perfino bisogno".
Durante la presentazione del 25° Rapporto immigrazione Caritas Migrantes a Roma, Galantino è tornato a parlare positivamente dell'immigrazione. A suo dire è una convenienza non tanto per gli extracomunitari, quanto per gli italiani. "Delle politiche migratorie - spiega - si continua a fare una lettura prevalentemente, se non esclusivamente, economica, ma di un'economia falsata". È sbagliata, secondo il segretario generale della Cei, la teso secondo cui gli immigrati portano via i posti di lavoro agli italiani. "L'immigrazione costringe a guardare la storia a partire dalla prospettiva di 'quelli che non ce la fanno' - argomenta Galantino - il fenomeno della mobilità va guardato con gli occhi, il più delle volte impauriti, dei profughi. Quello della mobilità - conclude - è un fenomeno di volti e di storie che dovremmo almeno tentare di immaginare".
Nell'anno della misericordia, indetto da papa Francesco, il direttore generale di Migrantes, Gian Carlo Perego, invita tutti gli italiani a "scommettere sulla cultura dell'incontro". "È l'unica strada da intraprendere sul piano politico e sociale, culturale ed ecclesiale - spiega - ogni chiusura, ogni discriminazione, ogni ritardo nel riconoscimento della cittadinanza, ogni esclusione impoverisce, indebolisce la vita delle nostre città".
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