Cronache

Chi annega Venezia

Ecologisti, sinistra e magistrati hanno rallentato il Mose e ora piangono Dopo Tav e Ilva, un’altra emergenza per il governo della decrescita

Chi annega Venezia

S commetto che adesso ci diranno che ha ragione Greta, che Venezia è vittima del cambiamento climatico che sposta le acque e desertifica le terre. Palle, le acque si spostano dai tempi di Mosè, quella che oggi chiamiamo Italia è stata gravemente alluvionata, a volte devastata, centinaia di volte nel corso dei secoli, quando la plastica, le auto e gli aerei erano di là da venire. La differenza rispetto al passato è che allora non c’era che morire e subire, oggi potremmo difendere le nostre terre, il nostro patrimonio e noi stessi, se solo usassimo al massimo ciò che la tecnologia ci ha messo a disposizione. Se non accade non è colpa del clima, ma degli uomini, delle loro debolezze, delle ideologie ambientaliste e da «decrescita felice» che intralciano e rallentano la costruzione di adeguate difese dalle bizze della natura nemica.

Venezia è sott’acqua perché non c’è ancora in funzione il Mose - la barriera artificiale per arginare le maree - nonostante in molti abbiano demonizzato questo sistema, pensato ormai trent’anni fa. «Rovina l’ecosistema, costa troppo e non serve a nulla», ci hanno detto. E allora non piangiamo se Venezia va sotto e se, a furia di andare sotto, un giorno o l’altro scomparirà del tutto, con buona pace delle cozze e dei molluschi che potranno liberamente riprodursi.

La magistratura e la politica, con i suoi malaffari, hanno fatto di tutto per intralciare l’ultimazione di questo «mostro» miliardario (ne sono già stati spesi più di cinque). Invece di cacciare gli incapaci e arrestare sì i ladri ma continuare l’opera, se la sono presa (magistrati e politici) soprattutto con l’opera a corrente alternata, in base a chi era chiamato a governare il Paese e il territorio. Uno stop and go inaccettabile che ha prodotto solo ritardi e sprechi, tali da rendere il Mose oltre che iper costoso tecnologicamente vecchio.

Nella sostanza la storia del Mose non è poi così diversa da quella della Tav e dell’Ilva, cioè quella delle grandi opere - e delle grandi industrie - viste come il male assoluto, avversate ieri dalla sinistra ambientalista e oggi dai grillini, oltre che da punire in sé per l’ala più ideologizzata della magistratura. Altro che Greta e pm. L’Italia ha bisogno di imprenditori e finanzieri disposti a rischiare dentro regole certe. E di politici che li tutelino invece di lasciarli in balìa del primo fesso che passa. Il problema nasce quando il fesso è la stessa persona che fa politica, la politica dei «no». Un tema quanto mai attuale.

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