Cronache

Clima sì, lavoro no. Gli adulti plagiano i giovani europei

Clima sì, lavoro no. Gli adulti plagiano i giovani europei

Contrastare il cambiamento climatico dovrebbe essere la principale priorità dell'Unione Europea, secondo quanto hanno dichiarato i suoi abitanti tra i 15 e i 24 anni, in un'indagine condotta da Eurobarometro, su input della Commissione. Più precisamente, questa è la priorità per i giovani di tutti i Paesi, salvo Romania e Bulgaria, che indicano il miglioramento della formazione, Ungheria e Lettonia, il miglioramento della salute e del benessere, Grecia e Lituania, la lotta alla povertà e alla disuguaglianza, Slovenia e Cipro, per cui è prioritario aumentare l'occupazione.

Sorvoliamo sul dato che i giovani dei Paesi con problemi seri guardano le cose in maniera diversa. Concentriamoci sul risultato principale, premettendo che il cambiamento climatico è un problema. Un grande problema di tutta l'umanità, verso cui solo una risposta globale può avere qualche chance di successo e non è neanche detto. La causa è anche l'accumulo di CO2, prodotto dalla crescita industriale di tante aree del mondo, che ha portato benessere e ridotto al minimo la quantità di persone che vive sotto la soglia di povertà. Non solo: negli ultimi due secoli la vita media è più che raddoppiata. Il riscaldamento è il prezzo che stiamo pagando e che dobbiamo cercare di ridurre. Possibilmente senza spegnere la luce e i riscaldamenti, che sono metà delle emissioni di CO2, e senza trasformare il globo in una grande centrale nucleare. Le macchine, ormai si sa, sono marginali e andare in bici non risolverebbe. La domanda è: ma che ne sanno i ragazzi di quali debbano essere le priorità dell'Unione? Il mito dei giovani che sanno sempre tutto e hanno sempre ragione perché sono «i giovani» è privo di fondamento: vanno ascoltati se e quando sono preparati.

Preparazione non è passione, è studio, conoscenza, apprendimento, consapevolezza della profondità dei problemi. Ora, si può dire che chi ha come riferimento la Ferragni qualche dubbio lo fa venire? Alla generazione dei 50 e 60enni i giovani piacciono molto, per la nostalgia di quando lo erano. Ma non è una bella cosa prendere le nostre priorità e metterle in bocca a degli adolescenti o poco più, confidando che siano più ascoltati in quanto «giovani». L'osservazione che il mondo del 2050 sarà loro e non nostro regge poco: non è che per decidere su quello del 2070 possiamo chiedere a un'ecografia prenatale.

Seconda domanda: cosa serve davvero ai ragazzi europei? Stretti tra due eserciti di giovani, quelli da sud, con la forza delle braccia e della volontà, e quelli da Oriente, preparatissimi, che puntano alle posizioni in alto nella scala lavorativa, i nostri non si curano di questa tenaglia e optano per salvare il pianeta. Una posizione sacrificale e simbolica, visto che l'Europa lo sta già facendo, con emissioni di CO2 in calo da anni, laddove proprio a Oriente si registrano incrementi preoccupanti. L'Europa arranca, cresce poco e consuma il benessere accumulato fino al secolo scorso. Gli adulti danno la colpa ai governi e guardano a soluzioni peggiori del male, in linea con la tradizione più scellerata. I giovani, per essere davvero rivoluzionari, dovrebbero chiedere una riforma del modello sociale ed economico, un sistema fiscale più equo e in linea con le tecnologie, una scuola più pregna di sapere e di conoscenze classiche e scientifiche, utili entrambe, un apparato burocratico più snello ed efficace. Insomma, liberare le loro energie per fluidificare l'ascensore sociale.

In conclusione, la cartina dei risultati dell'Eurobarometro non indica una soluzione, ma la dimensione del problema: una gioventù appiattita sui pregiudizi miopi dei loro genitori.

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