Cronache

Con il colpo di Stato gay ​i desideri diventano diritti

Il semplice desiderio di essere genitore ora equivale a un diritto che prescinde dall’interesse del bambino che ha da nascere

Con il colpo di Stato gay ​i desideri diventano diritti

Uno spettro si aggira sull’Italia: il diritto di essere genitori. Fino a poco fa tutti erano d’accordo: soltanto i figli minori hanno diritti, mentre genitori e insegnanti soltanto doveri. Ora non più. È stato stabilito che il semplice desiderio di essere genitore equivale a un diritto e quel diritto prescinde dall’interesse del bambino che ha da nascere. Come è avvenuta questa rivoluzione etica, anzi questo colpo di Stato etico? Per via televisiva e giornalistica, man mano che si accreditava l’ipotesi non soltanto delle unioni fra partner dello stesso sesso, ma anche della richiesta pressante di queste di avere comunque a qualsiasi costo un figlio: per la connessione fra spermatozoo e ovulo, ci metteremo d’accordo. Ma intanto stabiliamo un principio: se noi gay desideriamo diventare genitori, il nostro desiderio deve diventare un diritto. Una volta proclamato il diritto, allora tocca poi alla politica e al Parlamento legiferare per garantire tale diritto. Se fosse rimasto soltanto un desiderio, la richiesta non avrebbe senso. La regolamentazione di un tale diritto, quale sia la strada che intende indicare per i primi passi, procede alla ratifica di ciò che non è stato mai ratificato: che essere genitori non è più una speranza ma un diritto garantito. È irrilevante decidere oggi quale sarà il marchingegno che sfonderà la porta della genitorialità fra coppie omosessuali.

Funzionerà come testa d’ariete per tutte le altre soluzioni presenti e future per scavalcare la difficoltà biologica: l’incontro tra femmina e maschio. Soltanto passando attraverso questo snodo moralmente truffaldino si può poi passare alla tempistica delle tecniche e dei sotterfugi con cui fabbricare figli di coppie che non sono in grado di mescolare i propri genomi. Il Parlamento si appresta a ratificare questo falso diritto ai figli e non importa quale sia il primo sistema o trucco biologico, tecnico o mercenario. L’importante è che passi il principio, al resto penserà il tempo. Il primo step appare infatti quasi innocuo: consentire a un partner della coppia di adottare il figlio del primo partner. Ma come fa il primo partner, se è omosessuale, ad avere per conto suo un figlio? È un rompicapo soltanto apparente. Se si tratta di una donna omosessuale, può ricorrere all’inseminazione artificiale mettendo al mondo un essere umano che avrà come padre una provetta. Ma se si tratta di un omosessuale maschio che non ha avuto moglie o fidanzata nella sua vita precedente, questo figlio da spartire tramite adozione non può che arrivare da un utero in affitto con ovociti in bottiglia e spermatozoi del supermercato. L’operazione mediatica che ha preceduto quella legislativa è intimidatoria come l’islamofobia o l’omofobia: guai a chi fiata, ha ricordato Laura Boldrini, presidente imparziale ed equidistante. Lamillenaria biologia romantica e persino pornografica marcia così verso la rottamazione. Le coppie gay disporranno di un kit, forse utile anche per riprodurre salmoni nella vasca da bagno: gli strizzi via lo sperma, lo mescoli con la broda delle uova ed ecco lo step-Salmon.

Qualcuno dirà: ma in fondo che c’è di male? C’è di male, di malissimo, che questi Frankenstein baby saranno più vulnerabili, più fragili, una vita come un campo minato alla ricerca della macchina che li ha generati, o della buona africana che li ha generati per leasing, della provetta che li ha messi al mondo con tanto, tanto amore ma anche con la più impietosa condanna alla solitudine.

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