Cronache

Il controllore sull'autobus come la "Gestapo hitleriana": partigiano choc a Sanremo

Avrebbe semplicemente potuto dire “maleducato” oppure “arrogante” e il risultato lo avrebbe ottenuto lo stesso: quello di mostrare indignazione verso un controllore dell’autobus troppo autoritario e magari anche prepotente

Il controllore sull'autobus come la "Gestapo hitleriana": partigiano choc a Sanremo

Avrebbe semplicemente potuto dire “maleducato” oppure “arrogante” e il risultato lo avrebbe ottenuto lo stesso: quello di mostrare indignazione verso un controllore dell’autobus troppo autoritario e magari anche prepotente. Invece, ha voluto addirittura scomodare la Gestapo, paragonando l’ispettore del pubblico trasporto a un agente della famigerata polizia segreta nazista.

E fin qui potrebbe andare quasi tutto bene, se non fosse che esternazioni di questo genere provengono da un partigiano, stimata persona, che ben dovrebbe conoscere gli orrori del nazismo. Parliamo di una lunga lettera, che Alfredo Schiavi, di Sanremo, ha pubblicato su un gruppo Facebook della città dei Fiori e della quale vi proponiamo alcuni stralci.

“Scendo dal bus proveniente da Ventimiglia (salito alla Foce periferia ovest di Sanremo) - scrive dando così inizio al libero sfogo - (…) ‘Controllo biglietti!’, sento urlare. Corsa alle uscite da parte di un paio di extracomunitari e altri due 2 ‘bianchi’. Uno di questi due ‘extra’ presenta (togliendolo dal portafoglio) il biglietto e lo porge. Il giovanottone (…) con barba nera ed alto, visiona il biglietto e constata che non è obliterato: ‘Fuori i documenti!’, gli urla’”.

Il racconto di Schiavi entra nel vivo. “Prendo il mio e glielo presento. Lo osserva e constata che ho fatto il bravo. ‘Vai!’, mi urla. Lo guardo e con grande grazia gli dico: ‘Scusi. Io sono lei, non tu! E non si permetta di usare il tu con tutti’. Non l'avessi mai detto. Mi affronta e mi dice ‘Cosa hai da dire? Documenti!’. Ahi, mi dico: qui sono arrivati quella della Gestapo hitleriana’”.

Anche se la lettera è scritta utilizzando il classico linguaggio un po’ “frettoloso”, a cui Facebook ci ha abituato, noi cerchiamo di attenerci il più possibile al testo originale, per non cambiare il senso delle parole.

“Sbotto - prosegue il partigiano -. 'Per prima cosa è lei, e non tu, che deve farmi vedere il suo documento’. Me lo mostra e constato che è proprio della Gestapo hitleriana: era grande e grosso. A questo Gestapo si unisce un altro controllore con tanto di pass all'occhiello. ‘Venga con me in ufficio" mi dice e andiamo al deposito autisti. Giunti, rivolgendomi al Gestapo, gli spiego che nessuno, per legge italiana, è obbligato ad avere documenti di identità in tasca.

Mi guarda sorpreso, non lo sapeva, poverino”.

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