Cronache

Così i jihadisti beneficiavano dei sussidi pubblici italiani

Il jihadista in una intercettazione: "Sto pensando di lasciare questo Paese nel caso i Servizi Sociali taglino il mio sussidio sociale"

Il Mullah Krekar durante una protesta
Il Mullah Krekar durante una protesta

Il 12 novembre di quest'anno viene eseguita una ordinanza della Procura di Roma datata luglio 2015 la quale, dopo quattro anni di indagini, intercettazioni e pedinamenti, da un colpo alle azioni della cellula jihadista italiana facente capo alla organizzazione Rawti Shax, il cui leader spirituale risulta essere il Mullah Krekar. Krekar, già appartenente al gruppo islamico Ansar al Islam considerato vicino ad Al Quaeda, con un passato di proselitismo jihadista anche in Italia, dal 2012 risulta incarcerato in Norvegia per minacce a diversi politici locali che ne chiedevano invano l'estradizione in Iraq. Nell'operazione "Rawti Shax" vengono arrestati 17 presunti jihadisti, sette dei quali rilasciati pochi giorni dopo dalla Procura di Trento, alla quale per competenza viene affidato il caso. Tra i fermati, l'iracheno Abdul Rahman Nauroz, residente in Alto Adige dal 2008, per il quale arriva un ordine di custodia cautelare in carcere, essendo il suo arresto già stato eseguito nel gennaio di quest'anno, per via di una rapina commessa ai danni di un pachistano bolzanino che nel 2008 si era rifiutato di ospitarlo.

Nell'ordinanza di quasi 1200 pagine, gli inquirenti spiegano le vicissitudini che hanno portato Nauroz ad essere considerato la mente della cellula italiana. Nauroz arriva la prima volta in Italia nel 2008, in quanto espulso dalla Norvegia per aver fornito false generalità. Arrivato a Bolzano, chiede asilo politico all'Italia presentando un documento riportante la minaccia di morte rivoltagli da parte di Ansar al Islam. Ovvero, quella stessa organizzazione guidata dal Mullah Krekar che Nauroz conosceva bene, vista la devozione che di li a poco avrebbe mostrato pubblicamente verso il suo leader. Per queste minacce, nell'aprile del 2009 Nauroz ottiene lo status di rifugiato politico, vedendosi assegnato un alloggio in comodato d'uso gratuito in un residence signorile di Merano. Nel novembre del 2011, la Questura si accorge che la documentazione presentata dal profugo curdo-iracheno - il quale nel frattempo ottiene anche un contributo dai servizi sociali per il suo mantenimento – era palesemente falsa. In una irruzione nella sua abitazione, mentre i Ros lo stanno intercettando già da un anno, i funzionari della Questura di Bolzano sequestrano i documenti che provano la falsificazione nella richiesta di asilo politico.

Nonostante l'irruzione della Polizia, Nauroz non si scompone, e continua imperterrito la sua azione di proselitismo jihadista, spostandosi dalla vicina moschea meranese alla casa di un amico bolzanino, dove ne terrorizza i figli, spiegandogli che lui e il padre si sarebbero immolati in nome di Allah. In tutto questo tempo, diventa amministratore della chatroom Kurdistan Paimangay Mawardy alla quale partecipa il comitato direttivo dell'organizzazione jihadista. Una chatroom trans nazionale che sembrerebbe creata anche e non solo per organizzare non precisate azioni terroristiche in Europa. E proprio dalle migliaia di ore di intercettazioni all'interno di questa chat segreta che i Ros ottengono infinità di informazioni sulla costituzione della cellula autodefinitasi jihadista: scoprendo il suo sistema di finanziamento e come la destinazione di alcuni fondi fosse riservata alle famiglie dei martiri. Tra le conclusioni della Procura, c'è la convinzione di avere scoperchiato anche il sistema di reclutamento di combattenti jihadisti da inviare sul fronte siriano, del quale Nauroz sembra responsabile. Tutto questo immane lavoro investigativo coinvolge le procure di mezza Europa, tra le quali, anche quella tedesca, che in una riunione di EUROJUST del 2011 riscontra una forte convergenza investigativa con le indagini di parte italiana. Invece, sfugge del tutto alle istituzioni italiane l'assenza di Nauroz dal territorio italiano tra il luglio del 2010 e il capodanno del 2011, quando l'iracheno torna in Italia dopo un periodo di detenzione in Francia per essere stato pizzicato a trafficare clandestini iracheni.

Nauroz può così godersi gli ultimi giorni dei famosi mercatini di Natale, continuando a percepire quel sussidio comunale che lo status di rifugiato gli garantisce. Di li a poco, ormai intercettato in ogni secondo della sua vita, Nauroz organizza all'amico kosovaro Eldin Hodza un viaggio in Siria a fianco dei combattenti jihadisti. E in un momento di depressione, viene intercettato dai Ros parlare con un amico, al quale confida: "Beh, sto comunque pensando di lasciare questo Paese nel caso i Servizi Sociali taglino il mio sussidio sociale". Come detto, nel gennaio di quest'anno, il jihadista iracheno viene arrestato, dopo quasi cinque anni di permanenza sul territorio italiano, durante i quali non risulta mai avere lavorato e non avere ancora acquisito padronanza della lingua italiana.

Per questo, nell'ordinanza d'arresto la Procura ha disposto la traduzione in curdo delle 1998 pagine d'indagine.

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