Cronache

"Così terremoto e neve ci hanno strappato tutto"

La comunità di Farindola è piegata. Ma non si arrende: "Abbiamo il dovere di andare avanti"

"Così terremoto e neve ci hanno strappato tutto"

Già duramente colpita dalla tragedia dell’Hotel Rigopiano, la comunità di Farindola si trova anche a fare i conti con i danni subiti dalle aziende agricole, a seguito del terremoto e delle nevicate di straordinaria portata.

Appena fuori dal centro abitato ha sede l’Azienda Agricola Martinelli, capofila di un consorzio d’eccellenza di 30 realtà del territorio che producono il Pecorino di Farindola, un formaggio unico in Italia perché preparato, in quantità limitate e solo sul versante orientale del Gran Sasso, con il caglio di maiale.

Il giovane imprenditore Pietropaolo Martinelli, titolare dell’azienda, è alle prese con lo smaltimento delle carcasse delle sue pecore morte sotto il peso dei capannoni crollati (Guarda il video).

“Siamo una realtà che sta per compiere 15 anni – racconta – e probabilmente questo sarà il primo anno in cui saremo costretti a fermare la produzione”.

È successo tutto in poche ore, il 18 gennaio scorso. Prima le scosse, poi quella nevicata che non finiva mai. Due stalle non hanno retto, e in una di queste c’erano oltre 350 pecore. Fortunatamente l’altra era vuota, ma il danno è enorme, perché il latte ora comincerà a scarseggiare. Oltretutto l’interruzione della corrente elettrica, un problema purtroppo comune a tante aziende e famiglie del territorio colpite dal sisma e dal maltempo, ha portato anche alla morte di 200 agnelli, che senza il calore delle lampade per due giorni non ce l’hanno fatta.

“Siamo sempre stati autonomi in tutto – dice Martinelli – abbiamo 240 ettari di terreno dove coltiviamo il foraggio per il bestiame, così quando è impossibile portarlo al pascolo per il freddo, viene alimentato in stalla”.

Un’eccellenza italiana dove tutta la filiera è sotto controllo, dall’alimentazione delle pecore alla produzione di latte, fino alla lavorazione del formaggio nel proprio caseificio.

"Quello che mi preoccupa – aggiunge – è che qui lavorano 14 persone quando siamo a pieno regime, il che significa altrettante famiglie del territorio, in un comune di 1500 abitanti. Per questo spero di avere la forza di andare avanti, anche perché le alternative da queste parti non ci sono. La nostra ricchezza è questa e vogliamo continuare a vivere con le risorse che abbiamo".

I suoi dipendenti in questi giorni stanno lavorando per tamponare i danni: insieme alla Asl hanno identificato uno per uno i capi morti nel crollo e stanno provvedendo allo smaltimento. Le ruspe lavorano senza sosta, anche perché c’è da pulire in fretta, per evitare problemi sanitari ancora più gravi. Nel frattempo le pecore che si sono salvate sono state sistemate insieme alle altre in una stalla che non ha subito danni, ma dove lo spazio è ormai poco.

Anche Pietropaolo ricorda l’Hotel Rigopiano: "C’eravamo noi e loro, Farindola era questo.

Purtroppo loro non ci sono più, e non ci resta che sperare che si intervenga per salvare quello che ancora può essere recuperato".

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