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La donna cacciatrice si può insultare

La donna cacciatrice si può insultare

Vietato insultare le donne. A meno che non siano cacciatrici. E magari di destra. Allora le si può offendere, oltraggiare e forse anche aggredire, senza che i soloni del moderno galateo proferiscano verbo o i sindacati scendano in piazza a manifestare solidarietà. Sembra girar così il triste mondo del politicamente corretto a senso unico, dove i diritti valgono solo per quegli animali che nella fattoria sono più uguali degli altri, ovvero appartengano alle categorie protette dai salottini del perbenismo progressista, diventato ormai pensiero non solo dominante, ma addirittura unico.

L'ultima a farne le spese è la consigliera di Regione Lombardia Barbara Mazzali, rea non solo di essere stata eletta nelle liste di Fratelli d'Italia, ma anche di essere cacciatrice e amica dei cacciatori. E delle tre si fatica a capire quale potrebbe essere la sua colpa più grave, visto quello che le è capitato (anzi ri-capitato). Perché la spiacevole premessa è la lettera minatoria già ricevuta a dicembre. «Vorremmo solo vederti morta dopo mesi di sofferenze, saperti sotto terra mangiata dai vermi» era solo una delle agghiaccianti frasi, paradossalmente anche una delle più pubblicabili, essendo il resto un insieme di aggressioni a sfondo sessuale. Proprio quello contro cui normalmente si scagliano (e spesso anche giustamente) sacerdoti e sacerdotesse della lotta agli hate speech, i discorsi di incitamento all'odio. Peccato che in quella occasione tutto si fermò a qualche scontata e per nulla solerte dichiarazione di solidarietà. Messa sulla carta e che sulla carta è rimasta.

Tanto che oggi si è punto e a capo. Con la Mazzali nuovamente e in modo ignobile aggredita, questa volta sul suo profilo Facebook, per aver semplicemente scritto che lo scorso fine settimana aveva «inaugurato il tesserino venatorio e passato il sabato ospite della tenuta Sant'Alessandro nella Lomellina». La risposta «è una valanga non solo di insulti, ma anche di minacce di morte». Tanto che due sue collaboratrici hanno passato la giornata a cancellare almeno gli oltraggi più truci. «Spero che prima o poi vi sparate tra di voi», uno dei meno truculenti. «Sarebbe bello vederti d'altra parte correre spaventata e qualcuno che ti spara. Te lo auguro con tutto il cuore». Non solo. «Visto che vi piace la morte spero venga a prendervi presto». Perfino in inglese: «I wish you'll have a gun accident». «Una donna dovrebbe essere madre per natura. Mi piacerebbe che i cacciatori provassero lo stesso sulla propria pelle». E giusto per dare un'idea del panorama hard-pulp, c'è anche l'«Infilati la canna in c... e spara». E tutto questo per alcune immagini di una normalissima battuta di caccia in una tenuta privata che ritraevano la Mazzali (peraltro elegantissima) assieme ad amici con il fucile aperto in spalla: roba più retrò che da Robert De Niro a caccia del cervo nel meraviglioso film di Michael Cimino. «Sottolineo che in nessuna foto si vede un carniere e ricordo che la caccia è un'attività legalmente riconosciuta e normata dalla legge». Di qui il j'accuse. «Se gli animalisti italiani sono questi, è ora che intervenga la Procura: la violenza e le minacce non possono rimanere impunite. Ricordo anche che solo poche ore fa la senatrice della Lega Rosellina Sbrana ha condiviso su Facebook un post in cui si felicita con tanto di faccine per la morte di un cacciatore. I social non possono essere terra di nessuno in cui sfogare l'odio, perché poi si alimenta una violenza che può passare ai fatti». Di qui la richiesta alla Procura perché «intervenga con decisione, è il momento di smetterla di concedere tutto agli animalisti.

Lo Stato prenda provvedimenti, perché non possiamo essere gente per bene quando paghiamo le tasse di concessione e poi persone di cui vergognarsi quando andiamo protetti».

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