Cronache

Due anni senza una sentenza: nel limbo vittime e imputati

A 24 mesi dal verdetto manca ancora la motivazione

Due anni senza una sentenza: nel limbo vittime e imputati

Due anni: una attesa infinita. Da una parte ci sono i parenti delle vittime, che aspettano giustizia. Dall'altra, imputati che si proclamano innocenti: molti di loro sono in là con gli anni, e vorrebbero uscire dal tunnel del processo in tempo per raccontarlo ai nipoti. E tutti quanti aspettano che un giudice si decida a depositare le motivazioni della sentenza che ha pronunciato. Senza le motivazioni non si può fare un processo d'appello, nessuno è colpevole, nessuno è del tutto innocente. Intanto scorre la vita e scorre la prescrizione.

Era il 19 dicembre 2016, quando Anna Maria Gatto, giudice del tribunale di Milano, assolse un gruppo di dirigenti della Pirelli accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose per la morte di ventotto operai colpiti dal mesotelioma pleurico: uno dei molti processi relativi alla presenza di amianto nei reparti produttivi di grandi aziende, che ha fatto della provincia di Milano il punto di maggior concentrazione di decessi per questo tumore. Quel giorno il giudice Gatto si prese novanta giorni per scrivere la sentenza, vista la sua indubbia complessità. Passati i tre mesi, chiese una proroga di altri tre mesi, raggiungendo così il tetto massimo previsto dalla legge: ma non depositò la sentenza. Sono passati i mesi, gli anni: e la storia del processo Pirelli è divenuta una sorta di amara leggenda che circolava nei corridoi del tribunale milanese. Fino a ieri, quando i comitati operai che nel processo sono parti civili hanno deciso di portare ufficialmente la vicenda all'attenzione dei vertici del tribunale, con un esposto al suo presidente Roberto Bichi chiedendo provvedimenti a carico della Gatto. Ma come è possibile che un processo, complicato ma tutto sommato ordinario, si trasformi in una attesa infinita? In quale limbo è precipitato il «caso Pirelli»? Dopo avere ricevuto l'esposto, ieri Bichi incontra la stampa e spiega che tutto nasce dalla promozione chiesta e ottenuta dal giudice Gatto, nominata presidente del tribunale di Pavia: «A Pavia la collega ha trovato una situazione pesantissima, che l'ha assorbita totalmente e le ha impedito di stendere le motivazioni nei tempi previsti. Il fascicolo processuale è molto voluminoso, per cui lo ha lasciato qui a Milano e vi lavora nel fine settimana. A questo si sono aggiunte problematiche personali. Ma mi ha assicurato che entro il mese di gennaio le motivazioni dovrebbero essere depositate».

Alla domanda se la dottoressa Gatto finirà sotto procedimento disciplinare, il presidente non risponde. Ma è chiaro che l'episodio non può essere liquidato con le consuete lagnanze sulla mancanza di risorse, perché avviene in un tribunale, come quello di Milano, dove lavorano oltre 250 magistrati e il tasso di copertura dell'organico sfiora il 90 per cento. Di mezzo ci sono questioni più complesse, come gli indici di produttività e i meccanismi di avanzamento e trasferimento.

E comunque una cosa è chiara: checché ne dica il ministro Bonafede, se il processo Pirelli finirà prescritto non sarà colpa degli avvocati.

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