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E se ci fosse lo zampino di Salvini?

È come se Di Maio e Salvini, i due sconfitti di questa vicenda, stessero provando a organizzare - non so se di comune accordo - la vendetta contro chi ha impedito loro la soluzione più lineare della crisi, cioè le elezioni anticipate

E se ci fosse lo zampino di Salvini?

Ancora non sono soci e già litigano come dei forsennati. Di Maio, non contento dei disastri combinati finora, e avendo capito che se va avanti così sarà la sua tomba politica, alza l'asticella della trattativa con il Pd nella segreta speranza che salti tutto. Il motivo è chiaro: il nuovo asse politico è tra il premier incaricato Conte e il Pd.

Lui in un eventuale nuovo governo non toccherebbe palla e non è escluso che lo spediscano pure in tribuna, luogo che peraltro ben conosce avendo frequentato quella dello stadio San Paolo nelle vesti di bibitaio durante la sua precedente esperienza professionale.

Di Maio si sente accerchiato, e non a torto. I parlamentari grillini folgorati sulla via di Renzi lo guardano con diffidenza per non aver lui saputo né voluto recidere il cordone ombelicale che lo lega a Matteo Salvini, manco fosse il suo gemello monozigote. Sospetto che lo stesso Di Maio non ha fugato, semmai alimentato, quando l'altro giorno uscendo dalle consultazioni al Quirinale ha detto: «Rivendico con orgoglio tutto quello che abbiamo fatto con il nostro governo», dove il «nostro» pareva riferito più a Salvini (contro il quale non ha mai detto una sola parola di biasimo) che non a Conte o ai Cinque Stelle.

Altro che la discontinuità pretesa dal Pd. Non so se questa impennata di Di Maio riaprirà i giochi, ma qualche cosa vorrà ben dire. E forse parliamo di fatti o intenzioni a conoscenza di Matteo Salvini, il quale da giorni va ripetendo con una strana sicurezza: «Non sarei così certo che questo governo parta, e se dovesse succedere durerà ben poco».

Al netto dei tatticismi e delle scaramanzie, è come se Di Maio e Salvini, i due sconfitti di questa vicenda, stessero provando a organizzare - non so se di comune accordo - la vendetta contro chi ha impedito loro la soluzione più lineare della crisi, cioè le elezioni anticipate.

Una domanda che ora si fanno in molti è la seguente: quanti deputati e senatori Cinque Stelle sarebbero disposti a obbedire a un eventuale segnale di Di Maio a «scatenare l'inferno» che porta alle elezioni invece che sostenere le direttive del partito e di Conte a votare con il Pd di Renzi e della Boschi? Chissà, ma soprattutto chissà se qualcuno di questi signori si accorge che nel frattempo la crescita dell'Italia è scesa ieri ufficialmente sotto zero.

Proprio come la temperatura dei rapporti tra Di Maio e Conte.

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