Cronache

E se mettessimo Maometto in una pubblicità?

Dall'Ue sì a Gesù negli spot. Mai vorremmo che si limitasse la libertà di espressione, ma il principio deve valere per tutti

E se mettessimo Maometto in una pubblicità?

La Corte di Strasburgo per i diritti umani ha sentenziato: è lecito usare le figure di Cristo e della Madonna come icone pubblicitarie. Il non poterlo fare - da parte di un'azienda - viola il diritto alla libertà d'espressione.

Bene. Da liberali (ma siamo tutti liberali...), pensiamo che la decisione sia ineccepibile. Mai, infatti, vorremmo che si limitasse la libertà di espressione di alcuno. E mai vorremmo che si vietasse l'uso commerciale dei simboli religiosi di un popolo, o sacri per una comunità. Ma «mai», significa «mai». Non vorremmo, mai, che qualcuno, domani, s'azzardasse a vietare l'uso di un'immagine di Maometto sulle fiancate dei mezzi pubblici - sebbene a rischio di trasformarsi presto in autobus-bomba - per reclamizzare turbanti, o chessò, sostenere la campagna per le adesioni alla associazione «Oltre il velo» per la poligamia libera. O che qualcuno si lamentasse dell'utilizzo di foto raffiguranti Vacche sacre per pubblicizzare la nuova macelleria indo-fiorentina «Zebù gir». O si scandalizzasse per l'impiego degli adolescenti dipinti da Balthus per promuovere adesioni alla setta satanista «I Bambini di Lucifero». O che s'indignasse se un'azienda iraniana di pigiami scegliesse come testimonial i bambini di Auschwitz. Ahi, ahi, ahi... stiamo scivolando su un terreno pericoloso.

Ecco, appunto. La libertà di espressione e di opinione deve essere assoluta, certo. Ma bisogna sapere che è scivolosa. Perché per essere assoluta deve essere universale. Che, dal punto di vista religioso, significa ecumenica. Il principio deve valere per tutti. Per cristiani, islamici, ebrei, animisti (idea: usare il totem, o il bisonte, per promuovere la vendita di fucili da caccia nelle riserve dei pellerossa americani), induisti, shintoisti, buddhisti, seguaci del caodaismo vietnamita (si consiglia la sequenza in cui Robert Duvall celebra l'odore del napalm in Apocalypse Now per uno spot di defolianti ad Hanoi).

Gli esempi potrebbero essere molti, oltre che molto stupidi. Il punto, però, non è limitare la libertà di espressione o di opinione. Ma sapere che, in alcuni casi, le conseguenze possono essere letali. Se Charlie Hebdo pubblica una vignetta ironica sul Papa, otterrà - nel peggiore dei casi - una vibrante lettera di protesta dal Vaticano. Se pubblica una vignetta ironica su Maometto, si ritroverà un massacro in redazione. La libertà, soprattutto quella di pensiero, opinione e satira, e soprattutto quando tocca le religioni, è preziosissima.

E costa cara.

Se si vuole andare fino in fondo, qualcuno può chiedere il conto.

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