Cronache

Ecco le carte che ribaltano ​la decisione del giudice su Carola

Il giudice non ha riconosciuto la motovedetta della GdF come nave da guerra. Ma altre sentenze dicono il contrario

Ecco le carte che ribaltano ​la decisione del giudice su Carola

Nell'ordinanza che ha liberato Carola Rackete dagli arresti domiciliari c'è un punto, in particolare, che ha fatto infuriare il ministro Salvini. Ovvero la decisione di "assolvere" il capitano della Sea Watch 3 dall'accusa di aver speronato la motovedetta della Guardia di Finanza. Un verdetto contestato da diversi giuristi, come anticipato da Domenico Ferrara sul Giornale.it, e dagli stessi finanzieri che si sono scagliati contro la toga: "Chi viola la legge diventa un'eroina e chi difende la patria passa per delinquente".

Secondo Alessandra Vella, "le unità navali della Guardia di Finanza sono considerate navi da guerra solo 'quando operano fuori dalle acque territoriali'". Quindi esclusivamente in alto mare. E visto che lo scontro tra la Sea Watch 3 e la motovedetta è avvenuto nel porto di Lampedusa, per il gip Carola non si è macchiata del "delitto di cui all'articolo 1100 del codice della Navigazione", ovvero l'aver fatto "resistenza e violenza" contro una nave da guerra. Tradotto: liberi tutti.

Per giustificare la propria scelta, il magistrato ha citato nell'ordinanza una "condivisibile opzione ermeneutica del Giudice delle leggi" (ovvero la Corte Costituzionale) emersa dalla sentenza 35/2000.

Andiamo allora ad analizzarla. In quel pronunciamento, in realtà la Corte ribadì "il carattere militare" delle Fiamme Gialle. E nel precisare la sua decisione sottolineò quattro punti fondamentali: 1) che "le unità navali in dotazione della Guardia di Finanza sono qualificate navi militari, iscritte in ruoli speciali del naviglio militare dello Stato"; 2) che "battono 'bandiera da guerra' e sono assimiliate a quelle della Marina militare"; 3) che sono "considerate navi militare agli effetti della legge penale militare"; 4) che "quando operano fuori dalle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia un'autorità consolare esercitano le funzioni di polizia proprie delle 'navi da guerra' e nei loro confronti sono applicabili gli articoli 1099 e 1100 del codice di navigazione".

Come è possibile, allora, che la Vella sia arrivata alla conclusione che la motovedetta speronata dalla Rackete non è nave militare? Lo scontro giuridico si gioca su questo punto: nella sentenza citata dal Gip la Consulta, come detto, scrive che le motovedette sono "navi da guerra" quando "operano fuori dalle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia un'autorità consolare". Nella sua ordinanza, Alessandra Vella riporta questa frase pari pari. Ma vi antepone la parola "solo", ipotizzando quindi che se si trovano in acque territoriali non sono da assimiliare a navi da guerra.

Si tratta di una interpretazione criticata da molti, in particolare dall'avvocato Stefano Manfreda del foro di Reggio Emilia. Il legale fa notare come in quella stessa sentenza ricordata dalla Vella, la Corte abbia anche citato l'art. 200 del codice della navigazione. Articolo in cui è specificato chiaramente che le navi militari (come la GdF) esercitano funzioni di polizia non solo "in alto mare" o "nei porti esteri dove non sia un'autorità consolare", ma anche "nel mare territoriale". Quindi la motovedetta delle Fiamme Gialle sarebbe nave militare anche all'interno del porto di Lampedusa.

Viene da chiedersi: perché la precisazione "nel mare territoriale" non appare nella sentenza della Consulta citata dalla Vella? Mistero. Per Manfreda si potrebbe trattare di un "copia e incolla venuto male" oppure di un "errore materiale".

Tuttavia appare innegabile che in giurisprudenza molti "sono concordi nel ritenere che le navi della GdF e altri corpi di polizia sono sempre navi da guerra". Per esempio, la Cassazione, con la sentenza 31403 del 14 giugno 2006, ha sostenuto la natura di "navi militari" per le motovedette della Finanza. La Suprema corte, riporta l'Adnkronos, in quel caso si pronunciò sullo speronamento di un'imbarcazione della GdF da parte di una barca privata: nel corso di un'operazione di controllo sulla pesca abusiva di molluschi, il natante non si era fermato all'alt e, per evitare l'abbordaggio, aveva speronato la motovedetta, provocandone la rottura dell'elica.

I giudici scrissero che è "indubbia la qualifica di 'nave da guerra' attribuita alla motovedetta non solo perché essa era nell'esercizio di funzioni di polizia marittima e risultava comandata ed equipaggiata da personale militare, ma soprattutto perché è lo stesso legislatore che indirettamente iscrive il naviglio della GdF in questa categoria". La Cassazione richiamò anche un verdetto precedente, il 9978 del 1987, con cui "questa Corte ha già avuto modo di affermare che 'una motovedetta armata della Guardia di Finanza, in servizio di polizia marittima, deve essere considerata nave da guerra'".

Carola avrà vinto una battaglia. Ma i presupposti per rivedere alcune delle decisioni del Gip sembarano esserci.

Non è un caso se i pm di Agrigento sono pronti a valutare un ricorso contro il provvedimento della Vella non appena usciranno le motivazioni dell'ordinanza che l'ha liberata.

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