Cronache

Ecco perché Puglia non deve morire: il dramma della Xylella

Sarebbe bastato eradicare 5mila piante attorno ai focolai infetti per eliminare il problema. Ma adesso è troppo tardi...

Ecco perché Puglia non deve morire: il dramma della Xylella

Immaginate cosa accadrebbe se un batterio ammazzasse all’improvviso la principale industria di una regione lasciando tutti senza lavoro e creando il deserto al suo passaggio. È esattamente quel che è accaduto in Puglia dove la Xylella sta ammazzando una ad una tutte le piante d’ulivo. Sarebbe bastato eradicare 5mila piante attorno ai focolai infetti per eliminare il problema ma la politica pseudo ambientalista e le teorie del complotto hanno sopraffatto la scienza obbligando la magistratura a bloccare i protocolli di emergenza; e così una normalissima infezione si è trasformata in un’epidemia senza precedenti. Il risultato? 11 milioni di piante infettate; perse 1 milione di giornate lavorative; 1 miliardo di danni; paesaggio distrutto; e dopo aver devastato il Salento, ora la xylella ora punta sulla Valle d’Itria e la Piana degli Ulivi secolari rischia di cadere sotto i colpi della stupidità. Intanto, mentre il batterio fagocita porzioni sempre più ampie di territorio, il decreto promesso a febbraio dal Ministro Centinaio è ancora fermo in parlamento, insofferente di fronte al dramma di chi ha perso tutto: le imprese licenziano, i piccoli proprietari svendono e ognuno si arrangia come può.

E siamo arrivati al punto che il valore della legna secca non copre neanche i costi per le eradicazioni: tanto vale dare fuoco a tutto. Poi al danno si è aggiunta la classica beffa, con l’Unione Europea che ha favorito la rielezione del tunisino Ghedira alla guida il Comitato Oleicolo Internazionale, escludendo l’Italia dalla stanza dei bottoni. Il motivo? I nostri standard qualitativi sono troppo alti e interferiscono con gli scambi commerciali di chi punta a produrre olio scadente in grandi quantità. In questo scenario apocalittico chi ha la forza di investire prova fra mille difficoltà a ripiantare dei ceppi resistenti al batterio, altri invece, in barba alla scienza, con enormi sacrifici e senza l’aiuto dello stato stanno cercando di recuperare il salvabile con metodi alternativi. Intanto però il batterio continua ad avanzare, la politica non da soldi né risposte e presto la crisi fitosanitaria colpirà irrimediabilmente anche il paesaggio che in quest’area è la seconda fonte d’ingressi. A questo punto, nel caso non si sia capita l’entità del dramma, viene da chiedersi cos’altro debba accadere prima che lo stato prenda in mano la situazione? Avete deciso che la Puglia, cuore pulsante del meridione e dell’economia agroalimentare e turistica nazionale, debba morire? Se è così ditelo subito.

Almeno ci mettiamo l’anima in pace.

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