Eitan torna in Italia: respinto il ricorso del nonno

La Corte Suprema di Israele respinge il ricorso presentato dalla famiglia Peleg: il bimbo di sei anni rientrerà in Italia entro 15 giorni insieme alla zia paterna. Ma il nonno non si arrende

Eitan torna in Italia: respinto il ricorso del nonno

La Corte Suprema di Israele ha respinto l'ultimo appello presentato dalla famiglia Peleg, sancendo così una decisione cruciale su un caso che ha fatto molto discutere: Eitan Biran, l'unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, tornerà il Italia con la zia paterna Aya. Dovrà farlo entro 15 giorni a partire da oggi, ovvero entro il prossimo 12 dicembre. Viene dunque confermata la sentenza emessa a inizio mese da parte del Tribunale della famiglia di Tel Aviv, che aveva stabilito che il bimbo di sei anni dovesse vivere con la zia paterna Aya alla quale era stato affidato dal Tribunale di Torino.

Il piccolo, secondo la Cassazione, ha "vissuto in Italia quasi tutta la sua vita" e proprio per questa ragione non lo si può allontanare dalla sua residenza abituale. È stato riconosciuto che i precedenti tribunali avevano stabilito che i suoi genitori avessero deciso di stabilirsi in Italia a tempo indeterminato, cioè "per un lungo periodo di tempo e senza fissare una data per il loro ritorno in Israele". Nella sentenza si legge inoltre che non è stat fornita "una motivazione valida per cui il ritorno in Italia possa provocare al piccolo un danno psichico o fisico".

Le reazioni

Eitan ha perso i genitori e il fratellino dopo la tragedia del 23 maggio, quando la funivia del Mottarone è precipitata schiantandosi ad altissima velocità. Il minore è finito al centro di una vera e propria disputa legale per la sua custodia, ma oggi la Corte Suprema di Israele si è espressa chiaramente in merito. Shmuel Moran e Avi Chimi, i legali della zia, definiscono la sentenza della magistratura israeliana "legalmente, moralmente e umanamente corretta" che mette fine "a un evento dannoso e inutile".

Il nonno non si arrende

Di parere opposto la famiglia Peleg, che di fronte alla sentenza della Corte Suprema reagisce con una posizione dura: l'accusa rivolta allo Stato d'Israele è di aver "rinunciato a un bimbo ebreo indifeso e un cittadino israeliano senza che la sua voce venisse ascoltata". In tal modo, sostengono i Peleg, è stato lasciato "in terra straniera, lontano dalle sue radici, dalla sua amata famiglia e dal posto dove sono sepolti i suoi genitori e il fratello".

La famiglia Peleg però non ha alcuna intenzione di arrendersi e, attraverso il portavoce Gadi Solomon, fa sapere che continuerà a perseguire le vie della giustizia per provare a riportare Eitan in Israele. In tal modo si vorrebbe "impedire la rottura del legame con la famiglia della sua defunta madre Tal, impostagli da sua zia". È stato chiesto alle autorità italiane di "riesaminare il processo decisionale viziato, che ha costretto Eitan a essere nuovamente strappato alla sua famiglia".

Scarcerato Alon

Intanto Gabriel Alon Abutbul, accusato di aver aiutato il nonno di Eitan a rapire il nipote, è stato scarcerato dall'autorità giudiziaria di Cipro.

L'uomo era stato arrestato lo scorso 25 novembre su mandato d'arresto internazionale a Cipro: la sera del'11 settembre avrebbe portato il nonno e il piccolo a Lugano per imbarcarsi verso Tel Aviv. Adesso dovrà sottoporsi all'obbligo di firma due volte al giorno in attesa che il giudice cipriota si pronunci sulla sua estradizione, chiesta dalla procura di Pavia che sta indagando sul rapimento del bambino.

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