Cronache

ERUTTA IL VULCANO: UN MORTO, TURISTI IN FUGA

A lziamo gli occhi al cielo e, guardando le stelle, ancora ci affascina il sentimento dell'infinito e dell'eterno. Pensiamo che la Natura, la nostra Terra, non abbia più segreti, che il nostro dominio scientifico abbia reso conoscibile e controllabile tutto ciò che essa è. Eppure, talvolta, accade qualcosa di già visto tante (...)

(...) altre volte che non smette d'incantarci: l'eruzione di un vulcano, Stromboli, fa sentire la sua potenza a chi prende il sole sereno sulle sue rocce nere. La paura, la fuga verso qualche posto sicuro, via sul mare, perché quel boato e il fuoco che esce dal cratere incute una paura atavica. Ma come? Sappiamo tutto di un vulcano e nonostante ciò, eccolo lì prepotente, indomabile a incuterci terrore. E come gli uomini che qualche millennio addietro vedevano la magia del fuoco che esce dalle viscere della terra, anche oggi, noi, che viviamo di scienza, attoniti osserviamo l'eruzione del vulcano. Non pensiamo più che nelle sue profondità abiti il dio Vulcano, ma quel dio sa, ancora una volta - pur negato o evocato con altro nome scientifico ritornare tra noi e dominare la terra e il mare che lo circonda, e la gente che lì, ai suoi piedi, abita. Le persone fuggono e amano la propria paura che non lascia distogliere lo sguardo dalla lava incandescente che cola sui lati della montagna. La bellezza di una paura ancestrale, una bellezza che dall'antichità (meraviglioso in proposito il trattato del Longino) alla tradizione illuminista che cerca di darsi una spiegazione razionale di ogni accadimento, chiama «sublime» questo incanto che ammalia e terrorizza. E poi, ancora, il grande Romanticismo genera la più fantasiosa creazione artistica della sublime bellezza della natura. Soltanto la modernità ha voltato le spalle al significato del «sublime», preferisce dall'alto del suo razionalismo scientifico dare spiegazioni tecniche, ma queste, pur nella loro validità, non riescono a cancellare il sentimento del sublime. Nel suo De rerum natura, Lucrezio, ci offre una spiegazione perfetta di ciò che s'intende per «sublime». Troviamo affascinante, egli osserva, un mare in burrasca, solo però quando lo osserviamo da un posto sicuro: ben diverso sarebbe se ci trovassimo con un vascello in balia delle onde. Questo guardare la bellezza della natura ribelle, questo provare di fronte a essa un senso d'angoscia, ma senza incorrere nel pericolo, si chiama sentimento del sublime. Nelle nostre percezioni, nei nostri sentimenti non è cambiato niente rispetto a mille e mille anni fa: la scienza ci spiega le cose, ma il loro profondo significato per la nostra vita possiede sempre una potenza misteriosa che ci affascina, ci terrorizza, ci fa capire di essere piccoli individui di fronte alla grandezza del creato. E, forse, soltanto chi ancora oggi riesce ad ascoltare la voce del dio Vulcano tuonare nel profondo delle viscere della terra, sa lasciarsi catturare dalla bellezza sublime di questo nostro mondo e sa davvero proteggerlo da chi lo sfrutta e lo violenta.

Stefano Zecchi

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