Cronache

In fin di vita dopo l'aggressione. Testimone nel mirino: "Perché non ha chiamato 112?"

Il padre adottivo della giovane: "Se i soccorsi fossero stati allertati per tempo, ora Alena non lotterebbe tra la vita e la morte, ma soprattutto non rischierebbe, qualora si salvi, di avere danni cerebrale irreversibili"

In fin di vita dopo l'aggressione. Testimone nel mirino: "Perché non ha chiamato 112?"

Alzarsi in piena notte dal letto, per affacciarsi alla finestra e vedere un uomo che afferra dai capelli una ragazza, la picchia selvaggiamente, malgrado lei tenti di difendersi con tutte le sue forze; per poi tornare in camera da letto come se nulla fosse accaduto, salvo presentarsi il giorno dopo dai carabinieri raccontando di aver assistito alla tragica aggressione.

Ma ormai è troppo tardi. Su una roccia della scogliera di Capo Nero, a Sanremo, viene trovato il corpo in fin di vita di una ventiduenne russa, abitante in Germania, che ha pagato con il volo da una scarpata di oltre settanta metri, il tentativo di reagire a un probabile tentativo di violenza sessuale da parte di un tunisino di 32 anni, irregolare in Italia e con numerosi alias e precedenti alle spalle, arrestato con l’accusa di tentato omicidio, in quanto fortemente indiziato di aver spinto la ragazza nel precipizio.

A puntare il dito contro il testimone è la famiglia di Alena Sudokova, questo il nome della giovane, ricoverata in coma all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure. “Se i soccorsi fossero stati allertati per tempo, ora Alena non lotterebbe tra la vita e la morte, ma soprattutto non rischierebbe, qualora si salvi, di riportare danni cerebrale irreversibili”, commenta il padre adottivo della giovane, nata in Russia ma successivamente trasferita con lo zio in Germania, a Kassel, dopo la prematura morte dei genitori. Alena e famiglia erano giunti a Sanremo, il 23 luglio scorso, per trascorrere qualche giorno di villeggiatura, ospiti della comunità ortodossa della chiesa russa di Sanremo ed avrebbero dovuto ripartire, il 31 luglio scorso (notte della tragica aggressione).

Alena non conosceva nessuno a Sanremo e quell’ultima serata in città, il 30 luglio, l’aveva trascorsa con la famiglia: padre e madre adottivi e due fratelli più piccoli, uno dei quali di sette anni. Sono le 23, quando le strade di Alena e della sua famiglia si dividono. La ragazza vuole ancora fare una passeggiata, prima di rincasare e, giunti all’altezza della vecchia stazione ferroviaria, a pochi metri dalla chiesa russa, la giovane prosegue per il lungomare Imperatrice. Attraverso la segretaria della comunità ortodossa di Sanremo, Nadia, i famigliari di Alena lanciano un appello. “Aiutateci a ricostruire le ultime ore di vita di nostra figlia; ma anche gli attimi prima di quella terribile aggressione. Chi ha visto o sentito, si faccia avanti”.

Restano, infatti, molti interrogativi da chiarire. A partire da come abbia conosciuto il tunisino e per quale motivo si sono ritrovati in quella piazzetta vicina all’Aurelia, in una zona trafficata più che altro dalle auto. Il nordafricano potrebbe averla seguita e costretta con la forza a togliersi dalla strada?

“Trattandosi di una ragazza robusta e sportiva, i genitori si sono sempre fidati di lasciare la figlia sola in giro e mai più avrebbero pensato che proprio qui a Sanremo potesse accadere qualcosa del genere - spiega Nadia -. Il papà di Alena, comunque, ha già annunciato di voler contattare un professore, avvocato, della facoltà di giurisprudenza dell’università a cui è iscritta la figlia, perché ha detto di voler andare in fondo alla vicenda”.

Che un fatto del genere accada proprio a Sanremo, località turistica che dovrebbe essere mondialmente conosciuta per il sole, il Casinò e il Festival della Canzone italiana, è ancora più grave: “Ma come è possibile che persone come questo tunisino possano circolare liberamente in Italia, malgrado siano irregolari - si chiedono Nadia e la famiglia -. Le istituzioni devono dare carta bianca a polizia e carabinieri per un repulisti”.

Ieri Alena è stata operata al femore, fratturato in più parti. Un’operazione necessaria per garantire la sua sopravvivenza, ma la ragazza è ancora oggi in coma; viene tenuta in vita dalla ventilazione artificiale, in quanto i suoi polmoni sono letteralmente collassati. Senza contare il danno cerebrale dovuto ai ritardi dei soccorsi, perché nessuno ha avuto il coraggio e il buon senso di denunciare subito.

Malgrado l’aggressione risalga, più o meno, alle 5, Alena è stata soccorsa poco prima delle 8.30. Il personale sanitario del 118 ha trovato ferito a terra anche il suo presunto aggressore, il tunisino, ferito al costato.

E’, tuttavia, probabile che sia stata proprio la ragazza a fratturargli alcune costole, nel disperato tentativo di salvarsi la vita.

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