Cronache

Dalla fine di Conte al Davigate. Cosa c’entra la massoneria?

La loggia Ungheria e la nuova P2. Quanto c’è di vero tra millantatori e nuovi massoni?

Dalla fine di Conte al Davigate, cosa c'entra la massoneria?

Due fatti, presunti, riaccendono la luce sul doppio fondo dell’Italia di ieri e, forse, di oggi. Una loggia massonica chiamata "Loggia Ungheria" sarebbe al centro del nuovo scandalo che fa tremare la magistratura. E una sorta di nuova P2 avrebbe pilotato la cacciata di Conte, spianando la strada al governo Draghi. Ma esiste davvero un potere ombra che tesse le trame della politica?

Se esiste, non è la massoneria. Ne è convinto Stefano Bisi, gran maestro del Grande Oriente d’Italia. “Ogni massone dei 23mila iscritti - spiega a ilGiornale.it il capo della più importante e numerosa comunità massonica ufficiale italiana - ha la facoltà di dedicarsi ad attività pubbliche, ma non c’è nessun legame tra massoneria e politica. Anche perché nella loggia non si può parlare né di politica né di religione. Ed è assolutamente vietata ogni forma di politicizzazione o correntismo”.

Dunque la “fratellanza” non ha niente a che fare con la politica? “Sebbene - sottolinea a ilGiornale.it Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico e autore di Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges - nei landmarks massonici settecenteschi (recepiti tuttora da molte Comunioni latomistiche) venga fatto divieto, ai liberi muratori, di 'intrattenersi in questioni di politica e di religione' durante i lavori rituali all’interno dei templi/officine, la massoneria, fuori dai templi, si è sempre occupata sia di politica che di religione. Ma lo ha fatto in termini metapolitici e metareligiosi: cioè per un verso cercando di stabilire Costituzioni laiche e leggi degli Stati sottratte all’influenza confessionale di vari gruppi religiosi, per altro verso promuovendo diritti civili, sociali ed economici di interesse collettivo, molto al di sopra delle schermaglie della politica politicante e dei piccoli interessi di parte. Questa è la storia della massoneria, maggioritariamente democratica, social-liberale e progressista sino agli anni ’70 del Novecento. Poi, nell’ultimo mezzo secolo si sono purtroppo affermate a livello globale reti massoniche neoaristocratiche e postdemocratiche sul piano politologico e neoliberiste su quello economico. E anche queste reti, ovviamente, hanno influenzato e influenzano società e politica, sia in Italia che ovunque”.



A chiamare in causa la massoneria, denuncia Bisi, spesso sono forme di complottismo “comodo”, come nel caso della “fantomatica Loggia Ungheria”, che sfruttano proprio i trascorsi deviati per trovare un “capro espiatorio” a cui dare la colpa: il massone. Un metodo, secondo il gran maestro del Goi, che si nutre di un pregiudizio difficile da sradicare cresciuto all’ombra della P2, la “pagina più nera” nella storia della massoneria italiana. Ma se “nessuna Loggia Ungheria compare nella lista delle logge”, non è detto che non esista. Non potrebbe essere una delle tante logge cosiddette “coperte”, quelle “reti” di potere segreto che, al di là dei circuiti ufficiali, mischiando rituali e ambizioni, puntano a condizionare nomine, politica e affari? Gruppi “deviati”, di imprenditori, magistrati, banchieri, politici, giornalisti, militari, spie, mafiosi, in cui esserci per tessere relazioni che aprono le porte delle stanze che contano.

“L’impressione - ci dice Claudio Cordova, direttore de Il dispaccio e autore de Gotha - Il legame indicibile tra ‘ndrangheta, massoneria e servizi deviati - è che qui cose vere si mischino a cose inventate. Una tattica molto consolidata in Calabria, la patria dei depistaggi. E nel caso della Loggia Ungheria rintraccio una strategia affine a quella della masso-‘ndrangheta. In Calabria la ‘ndrangheta, che infiltra le logge massoniche per intessere rapporti con l’impresa e la politica, quando vuole colpire solo in estrema ratio scende alle minacce esplicite. Di solito usa due armi che orienta come un mitra: il giornalismo, scatenando campagne di stampa contro i suoi nemici, oppure la magistratura, sfruttandone il vincolo all’obbligo dell’azione penale. Il metodo consiste nel montare uno scheletro vero o verosimile e poi aggiungere parti false, in modo da rendere ancora più complicato capire dove stia la verità. Tutti meccanismi sottili confezionati per mandare un messaggio subliminale, per far capire che si sa qualcosa, o tutto, e che si è pronti a parlare, se non si ottiene qualcos’altro. E nel caso della Loggia Ungheria vedo entrambe le componenti: quella giudiziaria e quella mediatica”.

Ed è ancora una ‘bomba’ mediatica che collega la massoneria alle sorti della politica di oggi. A sganciarla: Gianmario Ferramonti. Ex tesoriere della Lega, amico del “Venerabile”, vanta legami strettissimi con servizi segreti e ambienti massonici. Il faccendiere che bazzica le stanze del potere rivela a Report di aver promesso milioni di voti in cambio della testa di Conte. Il tutto con un sms inviato a Maria Elena Boschi. Millanterie o complotto reale manovrato da potenti lobby ostili all’ex premier?

“I media - ritiene Magaldi - hanno ampiamente equivocato le dichiarazioni del mio amico Gianmario Ferramonti (peraltro non massone, per quanto ne so io, benché amico ed estimatore di Licio Gelli, almeno quanto il sottoscritto è sempre stato anti-gelliano e anti-piduista). Ferramonti, alla morte di Gelli, voleva costituire una sorta di 'nuova P2' (sebbene con caratteristiche legali e non in forma di associazione segreta o semi-segreta proibita dalla legge italiana), ma poi quel progetto si è interrotto, per quanto ne so io. Sulla cacciata di Conte, Ferramonti ha soltanto affermato di aver cercato di propiziarla mediante una serie di consigli e suggestioni a vari attori politici, ma non ha mai detto di averlo fatto in quanto 'neo-piduista'. D’altra parte, il governo Draghi nasce con una precisa matrice massonica, tutt’altro che 'neo-piduisti' e piuttosto di ascendenza sovranazionale, rooseveltiana e postkeynesiana”.

Anche se ci fosse “un disegno” dei poteri occulti dietro i recenti fatti di cronaca, a renderlo credibile sarebbe la presenza di un determinato contesto. “L’affermazione di Ferramonti - ci fa notare Cordova - se non fossimo in questa fase storica sarebbe stata bollata come una boutade. Negli ultimi mesi ci sono stati una serie di eventi, dal caso Palamara all’incontro in autogrill di Renzi con Mancini, alla storia della Loggia Ungheria, che spingono a rendere credibili le teorie complottiste. L’abilità di creare il caso parte da una base verosimile, poi, si alimenta nel contesto. La magistratura è a uno spartiacque che ricorda il passaggio dalla prima la seconda Repubblica. E siccome il sistema, che come tutti i sistemi è fatto di relazioni, non ammette vuoti, questi vuoti vanno colmati in qualche modo.

Il clamore e il credito dato oggi a queste vicende è conforme alla stagione di veleni che stiamo vivendo”.

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