Magistratura

Follia togata

Che i processi in Italia siano quelli che sono, cioè in alcuni casi micidiali ingranaggi in cui l'ideologia si sostituisce alla giustizia, lo si sapeva già

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Che i processi in Italia siano quelli che sono, cioè in alcuni casi micidiali ingranaggi in cui l'ideologia si sostituisce alla giustizia, lo si sapeva già. Ma ieri la procura di Milano è andata oltre: ha superato la barriera dell'accanimento, il muro del risentimento e ha lambito la dimensione della follia. Ha deciso infatti di ricorrere in Cassazione contro la sentenza di assoluzione in primo grado di Silvio Berlusconi nel processo Ruby Ter.

Insomma, vogliono processare il Cavaliere anche da morto con un solo obiettivo: sporcarne la memoria. Un atteggiamento che rivela una sorta di odio che i giudici hanno sempre coltivato nei confronti dell'imputato eccellente e che li ha indotti e li induce a decisioni che lasciano basite tutte le persone di destra, di sinistra o di centro animate da un minimo di onestà intellettuale. Già, quel processo era un assurdo: mettere sul banco degli imputati un numero ragguardevole di persone che hanno avuto la sola colpa di aver testimoniato in favore di un imputato, è un «unicum» nella nostra storia giudiziaria. Ma farlo anche dopo che l'interessato è passato a miglior vita lascia allibiti.

Ora naturalmente i pm milanesi diranno che è nelle loro facoltà, che hanno posto solo una questione di diritto all'Alta Corte e tanti altri bla bla che si usano per difendere l'indifendibile, ma quello che lascia costernati è l'assenza di rispetto di fronte alla morte, di consapevolezza del limite, per dirla con un'espressione ancor più semplice, di buonsenso in persone che sono chiamate al delicato compito di decidere in merito alla nostra libertà.

A Berlusconi non possono fare altro male oltre ai trent'anni di persecuzione a cui lo hanno sottoposto: la morte lo ha reso invulnerabile di fronte anche ai suoi aguzzini. Quello che, invece, deve far riflettere è che tutti noi, a cominciare dai più semplici cittadini che non hanno le risorse di cui il Cavaliere ha potuto disporre per difendersi, siamo in balia di toghe che scambiano l'esercizio della giustizia per una sorta di inquisizione ideologica.

Perché se non ci fosse questa che a ragione può essere definita una perversione quando si parla di diritto, non si capisce davvero quale sia l'obiettivo di una simile decisione. Processare un personaggio pubblico anche post mortem non può che nascondere l'intento di perseguire una sorta di «damnatio memoriae». La giustizia non c'entra più nulla, si punta a screditare non solo la figura di Berlusconi, ma anche tutto quello che ha fatto in vita, il suo impegno, la sua eredità politica, la sua immagine di statista. Non si processa più Berlusconi, ma il berlusconismo. Lo stesso rancore che ha spinto ignoti prima a deturpare e poi a cancellare il murales dedicato da un'artista al Cavaliere nella via di Milano dove è nato.

Non è un'esagerazione, semmai esagerate sono le scelte di certi giudici che vanno contro il sentimento di commozione di cui il Paese ha dato prova di fronte alla scomparsa dell'ex-premier. Ma si sa, l'odio ideologico non ha confini. Per cui si può solo commiserare chi indossa la toga e non riesce a liberarsi dalle proprie passioni politiche perché come recita la regola aurea un giudice non solo deve essere imparziale ma apparire tale.

Dio e la ragione ci salvino da certi pm.

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