Cronache

Giù le mani da Lapo. Il suo inferno lo ha scelto da solo

Lapo Elkann è l'ultimo dandy italiano, giù le mani da lui

Giù le mani da Lapo. Il suo inferno lo ha scelto da solo

Lapo Elkann è l'ultimo dandy italiano, giù le mani da lui. Lasciateci il piacere di contemplare l'ultima icona trasgressiva che indossa solo abiti su misura, si lascia immortalare a bordo di uno yatch con bermuda griffati e crema sul viso, rottama le fidanzate come si fa con le automobili: ciascuna è tanto essenziale quanto superflua al fianco di lui, unico protagonista di un copione ancora da scrivere. Lapo vola a New York per lavoro, perché lui l'imprenditore lo fa davvero, ci crede, punta sull'espansione del suo marchio, Italia Independent, italiana e indipendente, esattamente come lui. Passate le ore 21, come per ciascuno di noi, il lavoro è finito, si apre il leisure time. E Lapo ha i suoi vizi e le sue passioni, sprofonda nell'ozio lussurioso in un appartamento sulla 28esima strada, in compagnia di una escort e di una corposa dose di droga. Al punto che, quando la polvere bianca si esaurisce e ne serve ancora, la prostituta, che in realtà è un trans, anticipa il denaro. Lapo è rimasto a secco, così per restituire il dovuto telefona ai parenti, forse è su di giri, vuole cavarsi d'impaccio, ma qualcosa va storto. «Simulazione di sequestro», la polizia lo arresta. 10mila dollari, la modesta somma del riscatto per quest'uomo di 39 anni, prototipo del figlio di papà che negli anni si è costruito una identità autonoma, slegata dal resto della famiglia, una delle più potenti d'Italia. Lo ha fatto a suon di cadute e successi, il giovane irrequieto, mai scontato. Lapo, prima di tutto. Con la sua personalità, i suoi imbizzarrimenti, le sue trasgressioni. Come quando nel 2005 finì in rianimazione, di nuovo droga e trans. Il nipote di Gianni Agnelli, quello che più somiglia al nonno per estro creativo ed ecletticità, a seguito dell'imbarazzante vicenda fu estromesso dalla gestione operativa della Fiat, da allora ha rincorso la propria affermazione imprenditoriale.

È ripartito da zero, con umiltà. Nel 2013 rilasciò al Fatto quotidiano, in particolare alla cugina Beatrice Borromeo, un'intervista in cui si cospargeva il capo di cenere. Sembrò un fragile tentativo di riabilitazione, una trovata un po' ipocrita per dire che quando soffri da piccolo - «ho subito abusi sessuali a 13 anni in collegio» -, ti appassioni alla dissolutezza da adulto. Insomma, una autodifesa non richiesta, e oggi ancora più insopportabile. Perché non tutti i bambini molestati finiscono a letto con un trans. La verità è che ognuno sceglie il proprio inferno, nessuno escluso. È per questo che il tiro a bersaglio contro chi inciampa è un rito tribale. Giù le mani da Lapo. Edonista e peccatore, è questo il primo brand che lui dovrebbe rivendicare. Non ha ucciso, non ha rubato, la telefonata, se c'è stata, è una bravata, una leggerezza sciocca per spillare dei soldi ai familiari. Lapo è una maschera italiana, una delle poche sopravvissute all'ondata di conformismo moraleggiante che ci propina preti e carabinieri nelle fiction Rai e processi talebani contro le donne in odore di puttanesimo. Evviva Lapo, evviva la joie de vivre, le notti folli che noi possiamo solo sognare. Li chiamano festini, sesso a pagamento e sostanze psichedeliche, un cocktail che di recente è servito da sfondo ad un brutale omicidio in un quartiere della periferia romana. Come ricorderete, i protagonisti in quel caso erano tre ragazzi, uno è morto, due sono dietro le sbarre.

Ma nella notte stellata di Lapo nel cuore di Manhattan non c'è morte, c'è solo vita. Per questo, gli sconsigliamo sin d'ora di rilasciare nuove interviste come mezzo per elemosinare una poco convincente riabilitazione. Quanti si ergono a giudici morali non sono senza peccato. Il sol fatto che Lapo sia un personaggio pubblico, non autorizza codesti soloni ad additarlo come il buco nero della società. Lapo è pieno di vita, e della vita fa parte pure il lato dionisiaco che ognuno vive come crede. Ciò che conta è non recare danno agli altri, questo è l'unico limite.

E Lapo non lo ha superato. Annalisa Chirico

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