Cronache

Giudici donne che odiano le donne: "Troppo brutta per essere stuprata"

Giudici donne che odiano le donne: "Troppo brutta per essere stuprata"

Sventurato quel paese dove i magistrati giudicano le persone invece dei reati. La vittima era troppo brutta per essere violentata: hanno scritto davvero così. Se una settimana fa le polemiche sulla sentenza che aveva dimezzato la pena a un omicida erano state sgonfiate dalla lettura delle motivazioni (dove di «tempesta emotiva», in realtà, non si parlava affatto) stavolta non ci sono dubbi: ci si può indignare senza tema di smentite. La Corte d'appello di Ancona ha davvero assolto due violentatori - l'esecutore materiale e il «palo», entrambi condannati in primo grado - scrivendo nelle motivazioni che a rendere inverosimile il racconto della vittima era la sua scarsa avvenenza, dimostrata tra l'altro dal soprannome mascolino («Vikingo») che le era stato affibbiato dall'amico che poi l'avrebbe stuprata. I giudici sono anche andati a guardarsi la foto della vittima, e ne hanno tratto conferma: «Una così chi la violenta?», devono essersi detti. E hanno assolto tutti.

Grazie al cielo esiste una Cassazione, che ha annullato la sentenza e ordinato un nuovo processo. Ma nel cittadino comune la domanda resta: qual è il meccanismo di selezione del personale che regge la magistratura italiana, e che consente che vengano prima arruolati e poi promossi fino ai gradi più alti della carriera giudici in grado di scrivere una cosa simile? A rendere il tema ancora più complesso, c'è il fatto che non siamo di fronte a un caso di becero maschilismo giudiziario: la sezione della Corte d'appello di Ancona che ha pronunciato il singolare verdetto è composta da tutte signore. Una di loro, quella che ha scritto personalmente la sentenza, è in un certo senso recidiva: si chiama Marina Tummolini, e nel 2013, condannando all'ergastolo un uxoricida aveva scritto che aveva assaltato la moglie dopo essersi eccitato guardandola fare la pipì in un bosco, cosa di cui negli atti non c'era alcuna traccia. «Ci aspettavamo un giudice, non uno psicologo», dissero gli avvocati. Stavolta il giudice ci ricasca: invece di giudicare i fatti giudica le persone, i loro processi mentali, persino la loro rispondenza a chissà quale canone estetico. Tra pochi mesi, si prepara una infornata di nuovi magistrati. Per piacere: qualcuno spieghi loro che non è così che si fa giustizia in un paese democratico. (Ps: la vittima dello stupro di Ancona, bella o non bella che fosse, finì in ospedale dove dovettero ricucirle le lacerazioni intime.

Però per il giudice lei era d'accordo).

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