Cronache

I giuristi cattolici insistono: "Il 'No' alle Messe è incostituzionale"

Il Centro studi Livatino ricorre al Tar del Lazio per il "no" alle Messe del governo Conte. Per Alfredo Mantovano si tratta di una "forte lesione alla libertà religiosa"

I giuristi cattolici insistono: "Il 'No' alle Messe è incostituzionale"

La querelle sulle Messe non è ancora terminata. Il Centro studi Livatino è convinto che il governo non possa impedire lo svolgimento delle celebrazioni con la presenza del popolo. I giuristi cattolici sono tanto persuasi dalla bontà della loro tesi da aver presentato un ricorso al Tar del Lazio.

La Conferenza episcopale e l'esecutivo presieduto da Giuseppe Conte continuano a dialogare nel merito: è possibile che l'impasse si sblocchi entro la fine di maggio, magari con l'adozione di un protocollo specifico. Se ne parla. Ma la cosiddetta "fase 2", per ora, non fa sì che i sacerdoti possano celebrare con i fedeli. Soltanto i cosidetti accoliti, chierichetti e coristi per esempio, sono in diritto partecipare alla funzioni religiose. Il fervore del botta e risposta - quello tra i vescovi italiani è Conte - è già un ricordo: ora c'è un clima di stallo.

Tra i problemi principali da risolvere, c'è quello del segno della pace. Si dibatte persino della modalità mediante cui sarà opportuno ricevere l'eucaristia. Un cattolico non può ritenerlo un dettaglio. E infatti ad oggi la soluzione non è stata trovata. L'ultimo atto del presidente del Consiglio ha liberalizzato lo svolgimento dei funerali, ma più di qualcuno fa notare come le condizioni previste siano difficili da rispettare.

Comunque sia, la frase pronunciata dal Papa subito dopo l'avvio della polemica sembra essere stata decisiva per il ridimensionamento dello scontro. Pare che Francesco e Conte si siano anche sentiti al telefono. E poi c'è quella proposizione di Jorge Mario Bergoglio sul cavallo che non deve essere cambiato mentre si attraversa un fiume: qualcuno ha pensato che il Papa si riferisse alla situazione politica italiana. Ma questo è un altro discorso. Il Livatino, al pari di alcuni circoli della Unione giuristi cattolici, non ha intenzione di cedere il passo alla rassegnazione.

Il campo di battaglia, per così dire, diviene allora il piano giuridico, dove il governo potrebbe dover argomentare i perché di certe decisioni. Per comprendere al meglio quali siano le rimostranze del Livatino, abbiamo telefonato ad Alfredo Mantovano, già sottosegretario al Ministero dell'Interno e ora vice-responsabile del Centro studi che ha optato per il Tar. Il perché della presunta incostituzionalità della disposizione governativa è presto spiegato: "...l’art. 19 Cost., quando riconosce a “tutti” il 'diritto di professare liberamente la propria fede religiosa', precisa che tale professione può avvenire in qualsiasi forma, individuale o associata", e che l’esercizio del culto è anche “pubblico'", fa presente Mantovano, che poi prosegue, sostenendo che la ratio "vale per i riti di ogni confessione religiosa". La fede cristiana, insomma, ma anche le altre.

A Mantovano non è sfuggita l'opionione di Fiorello: "Nonostante quanto sentenziato qualche settimana fa dal noto teologo Rosario Fiorello - continua l'ex parlamentare - se uno non va a Messa non è un problema: può rivolgersi a Dio anche dal bagno di casa propria -, pare che non sia proprio così". E ancora: "Il Santo Padre, che ha più titolo di Fiorello per esprimersi sul punto, nell'omelia a S. Marta del 17 aprile ha ricordato che '’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti'"

Poi arrivano le specificazioni sulla mossa operata, il ricorso al Tar: "Come Centro studi Livatino - rende noto Mantovano - abbiamo presentato ricorso al TAR-Lazio contro il dPCM 26/04/20, nella parte in cui, all’art. 1 co. 1 lett. i), conferma la sospensione delle cerimonie religiose, con la sola esclusione di quelle funebri (e queste a determinate condizioni)".

Ma qual è la ratio? "Il ricorso ruota in particolare sulla grave compressione della libertà religiosa, poiché ai fedeli di ogni confessione - non solo la Chiesa cattolica -, i cui riti hanno cadenza periodica, è preclusa la fruizione delle relative celebrazioni, pur se adottino le medesime precauzioni che invece permettono l’accesso in siti chiusi, come i supermercati o i luoghi di lavoro che riapriranno il 4 maggio". Il Livatino ha chiesto pure che la misura del governo venga sospesa. E questo anche perché il danno sarebbe "grave" ed "irreparabile".

L'esecutivo guidato da Giuseppe Conte, però, starebbe valutando di accelerare i tempi per concedere di nuovo ai fedeli di presenziare durante le Messe. Cosa ne pensa il Livatino? Mantovano non ha dubbi. L'ex sottosegretario pensa che quella in atto costituisca una "lesione forte alla libertà religiosa". Qualcosa in grado di divenire "ancora più intollerabile se protratta nel tempo".

In specie perché "altri diritti, che nella Costituzione sono importanti ma hanno minor peso - prosegue Mantovano - , riprendono a esercitarsi già da domani, per es. quello d’impresa".

E la questione del protocollo? "Si parla di questo protocollo: non sarà il trattato di pace fra Israele e Palestina, c’è bisogno di un mese per vararlo? Con l’auspicio che non contenga limitazioni simili a quelle appena disposte per consentire i funerali", conclude il vice del Livatino, che su questa storia del "no" alle Messe per il popolo ha deciso di non cedere un centimetro.

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